Esperienza significativa riguardo ai casi di guida in stato di ebrezza, stalking, maltrattamenti, diffamazione, tributario, responsabilità medica, cybercrimes, infortuni sul lavoro, ambientale, alimentare, finanziario e bancario, societario e fallimentare).
Informazioni generali
Esercito la professione di avvocato principalmente in ambito penale, (guida in stato di ebrezza, stalking, maltrattamenti, diffamazione, tributario, responsabilità medica, cybercrimes, infortuni sul lavoro, ambientale, alimentare, finanziario e bancario, societario e fallimetare). Segretario nel direttivo della Camera Penale di Fermo, iscritto alle liste dei difensori d'ufficio e degli avvocati ammessi al patrocinio a spese dello stato. Componente della European Criminal Bar Association (ECBA), network di avvocati europei che consente la gestione in modo efficiente di casi internazionali in ambito di criminalità economica.
Esperienza
In sinergia con i migliori professionisti in materia fiscale e tributaria, forniamo assistenza alle persone ed alle società negli aspetti in cui si incontrano difficoltà di rilevanza penale tributaria, anche in procedimenti in ambito ue, che vedono interessata dell'indagine, la procura europea titolare (EPPO). La materia, irta di ostacoli, necessità un tempestivo intervento, anche per tutelare persone e continuità aziendale, dalle diverse tipologie di sequestri e confische, previsti dalla normativa.
Lo studio si avvale dei migliori medici legali e specialisti, per fornire immediato intervento giudiziale e stragiudiziale in situazioni in cui si ipotizza medical malpractice e colpa professionale.
Altre categorie
Diritto ambientale, Diritto e sicurezza alimentare, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Fallimento e proc. concorsuali, Diritto dell'informatica, Stalking e molestie, Violenza, Truffe, Omicidio, Discriminazione, Sostanze stupefacenti, Brevetti, Marchi, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni e sostituzioni, Diritto bancario e finanziario, Usura, Risarcimento danni, Diritto assicurativo.
Credenziali
Frode carosello "chiuso"
Procura Europea, sede di Milano: prodotti cosmeticiLa frode "carosello" è un tipo di evasione fiscale che coinvolge l'IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) in transazioni transfrontaliere all'interno dell'Unione Europea. Nel caso che si sta seguendo, la Farmacia acquistava prodotti cosmetici da una società italiana (cartiera), utilizzando le fatture ai fini di evadere l'iva, vedendo contestato l'art. 2 del D.Lgs. 74/00, per poi rivenderla all'estero con un ricarico del 5%, generandosi un credito iva fittizio, e vedendosi contestato dalla procura anche l'art. 8 del D.Lgs. 74/00. La farmacia emetteva poi la fattura per la società estera, prima che il suo fornitore italiano (cartiera) emetteva fattura nei suoi confronti per la vendita. La merce veniva pagata prima della spedizione all'estero. Oltre ad aver scoperto che i referenti delle società estere erano gli stessi della società cartiera italiana, la merce veniva spedita dalle farmacie non all'estero, ma in Italia, dove la Procura ipotizza tornasse nel possesso della cartiera italiana. Al momento il fascicolo è in fase di chiusura delle indagini.
Utilizzo di fatture false, art. 2 D.Lgs. 74/2000
PisaL’avv. Matteo Restuccia ha assistito una società con sede nella provincia di Macerata ed i suoi amministratori nel processo penale per aver esposto nella dichiarazione IVA costi inesistenti. Era il caso di due amministratori imputati dinanzi il Tribunale di Pisa per il reato di cui all’art. 2, comma primo del D. Lgs. 74/2000 per aver utilizzato fatture di acquisto di pellami false compensando l’IVA che avrebbero invece dovuto versare. Quando l’ammontare delle fatture false è superiore ad € 100.000,00 si applica la pena della reclusione dai 4 agli 8 anni di reclusione. Coinvolta anche la società ai sensi del D. lgs. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, con le possibili conseguenze pregiudizievoli per il proseguimento dell'attività imprenditoriale. Il processo s’è celebrato davanti al Tribunale di Pisa e ha visto coinvolti oltre 70 imputati tra persone fisiche e società per delitti identici o simili. Il procedimento s’è concluso con un accordo sull'applicazione di una pena. Uno dei due amministratori è stato invece assolto con formula piena, ai sensi dell’art. 129 c.p.p. in quanto s’è potuto provare che fosse estraneo ai fatti di cui al capo di imputazione. Il patteggiamento è stato possibile solamente sanando la posizione tributaria davanti l’Agenzia delle Entrate competente. Il pagamento del debito tributario ha consentito alla società di evitare importanti sanzioni interdittive previste dal D. Lgs. 231/2001 che possono determinare conseguenze irreparabili per il proseguimento dell’attività d’impresa.
Scuola Nazionale di Formazione Specialistica dell'Avvocato Penalista
Unione delle Camere Penali Italiane ed Università la Sapienza di Roma - 7/2016Corso biennale di specializzazione in ambito penale.
Omicidio volontario con aberratio ictus
RAI 3 - 5/2025Il caso di Pedaso: dopo le telecamere, parlano i testimoni. Una tragedia frutto di una discussione futile tra gruppi. La vicenda è quella della morte di Giampiero Larivera. Silvano Asuni, coetaneo e amico, secondo l'accusa lo avrebbe investito e ucciso per errore. Nell'intervista del TGR Marche, è stata rilasciata intervista, in quanto legale che assiste i familiari della vittima di omicidio
Omicidio volontario
Pedaso, maggio 2024, omicidioNomina da parte dei familiari della vittima di omicidio in forma di aberratio ictus, da parte del conducente, come ipotizzata dalla Procura. Nell'immediato si è provveduto a nominare un proprio consulente medico legale per assistere all'autopsia, ed un consulente ingegnere per ricostruire come è avvenuto il sinistro. Procedimento al momento in fase di indagini, in attesa dei depositi delle consulenze medico-legale e tecnico-cinematica.
L'avvocato penalista, necessità di aggiornamento in ambito informatico
Il (Giusto) Processo Penale Telematico: criticità del Portale e diritti delle Parti - 3/2025Il DM 206 del 27 dicembre 2024, confronto con i magistrati ed il personale di cancelleria sulle problematiche di deposito che attengono sia il PDP che APP.
Violenza sessuale: la possibile riforma dell’art. 609-bis c.p. e il consenso libero e attuale
Pubblicato su IUSTLABLa nuova formulazione incentrata sul «consenso libero e attuale» solleva delicati profili riguardo al principio dell’onere della prova e ai diritti costituzionali dell’imputato (presunzione d’innocenza, diritto di difesa e giusto processo). In base ai canoni generali, infatti, nel processo penale l’onere di provare la colpevolezza grava interamente sull’accusa, mentre l’imputato non è tenuto a dimostrare la propria innocenza . Il principio di presunzione d’innocenza sancito dall’art. 27, co. 2 Cost. (e dall’art. 6 §2 CEDU) verrebbe vulnerato se il peso probatorio fosse trasferito sulla difesa . La Corte costituzionale, già con sentenza n. 111/1993, ha escluso la legittimità di qualunque inversione dell’onere probatorio in materia penale, ribadendo che spetta sempre all’accusa provare tutti gli elementi del reato e che non sono ammissibili “semplificazioni” probatorie idonee a gravare l’imputato dell’onere di dimostrare la propria innocenza . Anche la Corte EDU, ammettendo limitate presunzioni di fatto o di diritto, ha chiarito che queste devono rimanere entro limiti ragionevoli e rispettare pienamente i diritti della difesa . Pertanto, da un punto di vista formale, l’introduzione del requisito del consenso esplicito non modifica la regola fondamentale: sarà sempre il pubblico ministero a dover provare, oltre ogni ragionevole dubbio, che l’atto sessuale è avvenuto senza il consenso libero e attuale della persona offesa, restando fermo che ogni dubbio interpretativo o fattuale debba risolversi in favore dell’imputato (principio dell’ in dubio pro reo ) . Resta da valutare, tuttavia, l’impatto pratico della nuova fattispecie sull’equilibrio processuale. In concreto, l’elemento negativo costituito dalla mancanza di consenso – per sua natura spesso definito da situazioni “parola contro parola” – potrebbe indurre un’inversione di fatto dell’onere probatorio a carico dell’imputato. In assenza di costrizione fisica o minaccia tangibile, la prova del dissenso della vittima può risultare meno oggettivabile, con il rischio che sia l’accusato a doversi attivare per dimostrare la presenza del consenso . La giurisprudenza di legittimità aveva già delineato questo scenario: qualificando il dissenso della vittima come elemento implicito del reato, la Corte di Cassazione ha affermato che un eventuale errore dell’agente sul consenso rileva come errore sul fatto, con la conseguenza che incombe sull’imputato l’onere di fornire la prova della propria supposizione di consenso . In altre parole, se l’accusato invoca a propria discolpa un consenso dato o creduto tale, egli ha l’onere di allegare elementi concreti a supporto di tale tesi. Questa impostazione lascia intravedere una tensione con il principio di non colpevolezza, poiché si avvicina a richiedere all’imputato di provare la propria innocenza (dimostrando il consenso), piuttosto che imporre all’accusa di provare la colpevolezza (dimostrando il dissenso). Tuttavia, va sottolineato che sul piano giuridico sostanziale la fattispecie riformata non introduce una vera presunzione di colpevolezza a carico dell’imputato (non esiste de iure alcuna “presunzione di non-consenso” della persona offesa): l’onere probatorio in giudizio resta in capo all’accusa, in conformità ai principi costituzionali e sovranazionali richiamati . Sarà dunque compito della prassi applicativa assicurare che la necessità di accertare il consenso effettivo non scivoli in una pretesa probatoria inespressa verso la difesa. In caso di dubbio irriducibile circa la volontà della vittima, il giudice dovrà pronunciare assoluzione, coerentemente con l’art. 530 c.p.p. e l’art. 27 Cost . Un’interpretazione diversa – ad esempio ritenere sufficiente, per la condanna, la mancata prova da parte dell’imputato dell’esistenza di un consenso – sarebbe manifestamente in contrasto con la presunzione di innocenza e renderebbe la norma esposta a possibili censure di illegittimità costituzionale. Sotto il profilo del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del giusto processo (art. 111 Cost.), l’introduzione del criterio del consenso libero e attuale comporta opportunità ma anche criticità potenziali. Da un lato, la riforma rende più chiaro l’oggetto del contendere nel processo: non più la prova di modalità coercitive specifiche, ma la verifica dell’effettiva volontà della persona offesa di aderire all’atto sessuale. In tal modo si supera finalmente l’impostazione tradizionale in cui la vittima di violenza doveva dimostrare di aver resistito con tutte le sue forze ad una “vis” irresistibile per essere ritenuta credibile – situazione che in passato di fatto addossava alla donna un intollerabile onere di prova della propria mancata consenzienza . Oggi, grazie anche alla spinta della Convenzione di Istanbul e della giurisprudenza della Corte EDU (v. caso M.C. c. Bulgaria , 2003), si riconosce che il fulcro del reato è l’assenza di un consenso genuino , anche in mancanza di violenza fisica visibile. Ciò consente di valorizzare in sede processuale il racconto della persona offesa circa il proprio dissenso, senza costringerla a provare ulteriori circostanze aggravanti. Dal punto di vista difensivo, però, questa centralità del consenso rende la linea di confine tra lecito e illecito più sfumata e affidata a valutazioni caso per caso sullo stato mentale e volitivo delle parti. La dottrina ha evidenziato come l’adozione del modello del “consenso affermativo” – per cui ogni rapporto deve essere preceduto da un sì libero e specifico – rischi di dilatare la discrezionalità giudiziale nell’accertare l’elemento soggettivo del reato . La stessa Cassazione, nel recepire questo paradigma, ha ammesso che enfatizzare il requisito di un consenso esplicito massimizza la tutela della vittima, ma “sfumando grandemente i contorni della fattispecie penale” potrebbe condurre a decisioni non uniformi sulla sussistenza del dolo, con margini di arbitrarietà più ampi . Dal punto di vista del giusto processo , ciò impone ai giudici di motivare con particolare rigore le proprie valutazioni sul consenso o dissenso, per evitare esiti imprevedibili e garantire la tassatività della fattispecie (ex art. 25 Cost.) anche nella sua nuova formulazione. La Corte EDU esige infatti che i processi penali si svolgano in modo equo, assicurando sia l’effettività della tutela per le vittime di violenza sessuale sia il rispetto dei diritti della difesa in ogni fase. In particolare, il diritto al contraddittorio (art. 111, co. 4 Cost. e art. 6 §3 lett. d CEDU) comporta che l’imputato possa esaminare o far esaminare i testimoni d’accusa e introdurre prove a proprio favore alle stesse condizioni dell’accusa. Nel contesto del nuovo art. 609-bis c.p., ciò significa che la difesa dovrà poter scrutinare a fondo la credibilità e l’attendibilità della persona offesa sul punto del (mancato) consenso, ovviamente con le cautele necessarie a tutelarne la dignità e a evitare indebite vittimizzazioni secondarie. La legislazione vigente già prevede misure protettive (ad esempio la possibilità di escutere la vittima con modalità protette, il divieto di domande sulle abitudini sessuali non pertinenti, ecc.), ma tali limiti – volti a evitare processi offensivi per la vittima – non possono tradursi in un pregiudizio effettivo del diritto di difesa. Sarà dunque cruciale bilanciare esigenze di tutela e garanzie difensive : la difesa deve avere la possibilità di contestare, con contro-interrogatori e proprie prove, l’asserita mancanza di consenso; parimenti, il giudice deve valutare tutti gli elementi del contesto (comportamenti antecedenti, rapporti tra le parti, eventuali manifestazioni di volontà implicite) che possano indicare l’esistenza di un consenso o, quantomeno, ingenerare dubbio sullo stesso. Ad esempio, messaggi precedenti, atteggiamenti tenuti dalle parti e ogni altra circostanza rilevante dovranno essere ammessi e considerati, in ossequio al principio di pari opportunità tra accusa e difesa nel processo penale (art. 111, co. 2 Cost.). Ciò non significa reintrodurre surrettiziamente stereotipi sulla vittima o presumere il consenso da suoi comportamenti passati – prospettiva espressamente ripudiata sia dalla giurisprudenza interna sia da quella europea – bensì garantire un giudizio equo , in cui la colpevolezza dell’imputato venga affermata solo all’esito di un accertamento rigoroso e contraddittorio sulla volontà effettiva della persona offesa. Un ulteriore aspetto attiene alla definizione di “consenso libero e attuale” e alle possibili ripercussioni sul diritto di difesa. L’aggettivo libero rinvia all’assenza di vizi della volontà: il consenso dev’essere privo di costrizioni, minacce, inganni o condizionamenti (nozione già implicita nella formulazione previgente del 609-bis c.p. attraverso l’elenco delle condotte coercitive) . L’aggettivo attuale sottolinea invece la dimensione temporale e dinamica del volere: il consenso deve esistere al momento dell’atto ed estensivamente per tutta la sua durata , potendo essere revocato in qualsiasi momento dalla persona offesa . Tale precisazione, già riconosciuta dalla Cassazione , implica che anche durante un rapporto sessuale in corso la vittima possa legittimamente manifestare dissenso (espresso o implicito) e da quel momento ogni ulteriore atto diviene illecito. Sul piano difensivo, questo elemento impone all’imputato un elevato dovere di attenzione : non basta ottenere un consenso iniziale, ma occorre sincerarsi che esso permanga e non venga ritirato. In caso contrario, l’agente non potrà invocare a propria scusa un consenso prestato in precedenza o meri comportamenti passivi della vittima. La Cassazione ha chiarito che atteggiamenti di inerzia o silenzio non equivalgono di per sé a un consenso e che non si può far gravare sulla persona offesa l’onere di un’esplicita resistenza per escludere il reato . Pretendere dalla vittima una chiara manifestazione di dissenso come unica prova della violenza significherebbe reintrodurre una “presunzione di consenso” di stampo arcaico, ribaltando impropriamente l’onere probatorio a suo carico . La riforma in esame, al contrario, formalizza il principio opposto: “senza un consenso inequivoco è stupro” , come sintetizzato dalla recente giurisprudenza . Ciò si traduce, per il cittadino, nell’obbligo di astenersi da qualsiasi atto sessuale in mancanza di un chiaro e libero assenso altrui. Per l’ordinamento processuale, però, questa evoluzione non elimina – è bene ribadirlo – le garanzie di base dell’imputato: sarà sempre necessaria una prova certa che tale assenso mancasse. In sede giudiziaria, dunque, l’accusa dovrà fornire elementi convincenti (testimonianze, riscontri, comportamenti univoci) della mancanza di consenso , mentre l’imputato avrà pieno diritto di contestare tale ricostruzione, eventualmente portando evidenze di segno contrario. Il giudice, dal canto suo, dovrà valutare imparzialmente le due prospettazioni, applicando il principio del ragionevole dubbio di cui all’art. 533 c.p.p. e tenendo ben presente che «qualsiasi dubbio giova all’imputato» . Solo così l’innovazione normativa potrà coniugare efficacemente la maggiore protezione delle vittime – conforme alle indicazioni della Corte EDU in tema di contrasto alla violenza di genere – con il pieno rispetto delle garanzie difensive e dei principi del giusto processo sanciti dalla Costituzione italiana. In definitiva, l’introduzione del riferimento al “consenso libero e attuale” rappresenta un importante avanzamento culturale e giuridico, a patto che la sua applicazione pratica continui a fondarsi su un solido impianto garantista: nulla poena sine prova , nel segno dell’art. 27 Cost., e nessuna condanna se non all’esito di un equo confronto processuale (artt. 24 e 111 Cost.). Questo equilibrio – da preservare con attenzione nella prassi – assicurerà che la riforma persegua la finalità di tutela delle vittime senza scardinare i principi cardine del nostro sistema penale .
La legge sull’IA entra in vigore: nasce il reato di Deepfake
Pubblicato su IUSTLABLa legge sull’IA entra in vigore: nasce il reato di Deepfake Con la Legge 132/2025 , l’Italia diventa il primo Paese europeo a dotarsi di una normativa organica sull’intelligenza artificiale. Il provvedimento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 25 settembre, introduce nel codice penale il reato di diffusione di contenuti manipolati digitalmente . Chi diffonde, senza consenso, immagini, video o voci falsificate con sistemi di IA che possono trarre in inganno, rischia da uno a cinque anni di reclusione (art. 612-quater c.p.) . Si tratta di un delitto perseguibile su querela della persona offesa, ma in casi particolari — come vittime minori o pubblici ufficiali — la magistratura potrà agire d’ufficio. La norma colma un vuoto giuridico: finora, solo il revenge porn copriva i contenuti manipolati, mentre ora il reato si estende a ogni uso illecito di immagini e voci. L’iniziativa nasce anche in risposta alla diffusione di video falsi di esponenti politici, usati per truffe online e manipolazione dell’opinione pubblica. Tali contenuti non solo danneggiano le persone coinvolte, ma minano la fiducia nelle istituzioni e nella veridicità delle informazioni. La legge impone inoltre che ogni contenuto creato con l’IA sia esplicitamente dichiarato come tale e prevede un’ aggravante per chi commette reati usando l’intelligenza artificiale, specie quando l’uso dell’algoritmo rende l’azione più ingannevole o limita la difesa della vittima. Sono previste pene più severe anche per i reati economici e politici, come l’aggiotaggio o l’attentato ai diritti politici, se commessi tramite IA. Estensione dell’art. 171 l. 633/1941 : sanziona anche la riproduzione o estrazione illecita di testi o dati da opere protette tramite IA (text e data mining). Sebbene tali reati non siano ancora inclusi tra quelli che comportano la responsabilità ex d.lgs. 231/2001, resta elevato il rischio per gli enti che impieghino sistemi di IA, specie se non autonomi e quindi direttamente gestiti dall’uomo.
Banca di Credito Cooperativo del Fermano. Tutti assolti gli ex vertici dell’istituto
Tribunale di Fermo, dal 2018 al 2023Erano contestati falsi in bilancio, ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia, violazioni del testo unico bancario e alcune irregolarità nelle deleghe assembleari. Difesa di un consigliere del CdA della Banca, noto imprenditore del territorio, finito nelle maglie della giustizia per ipotesi di falso ed ostacolo alla vigilanza della Banca d'Italia, pur avendo professato sin da subito la liceità del suo operato. All'esito di un processo durato anni, con il supporto di consulenti, all'esito dell'istruttoria anche il PM ha chiesto l'assoluzione. Il Tribunale ha poi assolto l'imputato, unitamente agli altri, con la formula liberatoria più ampia -perché il fatto non sussiste-. Processo chiuso, per il giudice il fatto non sussiste.
La responsabilità penale in capo all’Autorità competente e al suo personale.
L'Autorità competente e organismi di controllo: ruoli, competenze e responsabilità - 6/2025Nel mio intervento del 26 giugno ho affrontato un tema spesso sottovalutato ma di estrema attualità per chi lavora nella sanità pubblica veterinaria: la responsabilità penale dell’Autorità competente e del suo personale. Abbiamo chiarito cosa significa “responsabilità penale”: si parla di responsabilità penale quando una persona, con una condotta volontaria, causa un danno a un bene giuridico protetto dalla legge, e per questo può essere punita con sanzioni anche molto gravi. Nel contesto veterinario, il personale delle ASL può rivestire ruoli diversi: pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, e in alcune situazioni anche ufficiale di polizia giudiziaria (UPG). Questo dipende non dal titolo, ma dalla funzione svolta in quel momento. Ad esempio: Se durante un’ispezione rilevo un maltrattamento animale e segnalo alla Procura, sto agendo da UPG. Se rilascio una certificazione sanitaria o compio un controllo di routine, non sono UPG ma posso comunque avere responsabilità penali in caso di omissioni, errori o falsificazioni. È importante sapere che anche l’errore o la disattenzione, se legati a negligenza o imperizia, possono avere conseguenze penali. Tra i reati più comuni legati al nostro ambito troviamo: omissione di atti d’ufficio, falsità ideologica in atti pubblici, mancata denuncia di reati, uso improprio di beni pubblici, corruzione. Tutto questo ci ricorda che ogni atto, ogni verbale, ogni controllo può avere valore giuridico e, se gestito in modo scorretto, può esporre a conseguenze importanti. In sintesi: essere “autorità competente” significa agire nel nome dello Stato, con responsabilità che non sono solo professionali ma anche penali. Conoscere il proprio ruolo, i limiti delle proprie funzioni e gli obblighi che ne derivano è il primo passo per tutelare sé stessi e il proprio lavoro.
Fermo, violenza sessuale su tre minori: professore di sostegno a giudizio
Corriere Adriatico - 11/2023Otto anni reclusione più il risarcimento dei danni provocati. È questa la pesante condanna chiesta dal pm Alessandro Pazzaglia per un fermano di 60 anni, al tempo dei fatti insegnante di sostegno in una scuola media di Fermo, accusato di aver abusato sessualmente di adolescenti suoi allievi. Le vittime, insieme con i loro familiari, si sono costituite parte civile hanno concordato con il pm per la condanna dell’imputato chiedendo altresì un risarcimento anche al MIUR in veste di responsabile civile.
Nessun abuso sulle ballerine, giovane assolto
Resto Del Carlino - 3/2022Era accusato di violenza sessuale nei confronti di due ballerine, ma alla fine, dopo aver scelto il processo con rito abbreviato, è stato assolto. Si chiude così la vicenda giudiziaria di un giovane marocchino, difeso dall’avvocato Matteo Restuccia, che era finito nei guai nel febbraio 2020 a seguito della denuncia di due giovani dipendenti del locale notturno ’Moulin Rouge’ di Falerone. Nel corso dell’udienza l’avvocato Restuccia ha prodotto al giudice l’esito delle indagini difensive, consistite, tra l’altro, in una deposizione di un testimone che ha fatto luce dinanzi alle accuse mosse dalle due ballerine. Ciò ha fatto sì che in sede di giudizio abbreviato, oltre alla difesa, anche la Procura ha concluso chiedendo l’assoluzione dell’imputato
Segretario - Camera Penale di Fermo
Dal 3/2023 - lavoro attualmente quiSegretario del direttivo della Camera Penale di Fermo, associazione aderente all'Unione delle Camere Penali Italiane.
“Anziani maltrattati” a Fermo: tre a processo
Resto del Carlino - 11/2024Si è aperto ieri davanti al giudice del tribunale di Fermo, Elisa Matricardi, il processo relativo all’accusa di maltrattamenti aggravati, commessi a carico degli anziani ospiti dell’istituto psico pedagogico “Mancinelli” di Montelparo, in cui sono imputati tre dipendenti di una cooperativa esterna. Le anziane e fragili persone offese nostre assistite erano affidate agli imputati per ragioni di cura in un delicato e particolare momento della propria esistenza, e i gravi fatti in discussione sono stati commessi a danno di soggetti deboli ed indifesi, impossibilitati a difendersi, con delle inaccettabili violenze psicologiche e fisiche, che riteniamo integrino gli estremi dei reati contestati e saranno accertate nel dibattimento, come crediamo sia già emerso in questo avvio di istruttoria.
Truffa
Truffa per accodamento al Telepass: condanna senza identificazione del conducente.Un caso solleva dubbi sulla responsabilità penale personale e sull’onere della prova. La Corte d’Appello assolve l’imputato. Una recente sentenza di primo grado aveva condannato un uomo alla pena di 10 mesi di reclusione per truffa aggravata ai danni di una società autostradale, ritenendolo responsabile di aver eluso in numerose occasioni il pagamento del pedaggio mediante la manovra di accodamento a veicoli dotati di Telepass. La società concessionaria, costituitasi parte civile, aveva ottenuto anche il riconoscimento del risarcimento del danno. La peculiarità del caso, tuttavia, risiedeva in un dato essenziale: l’imputato non era mai stato identificato come conducente del veicolo al momento dei fatti. Nessuna delle numerose condotte di accodamento era stata accertata con riconoscimento personale, né da parte della polizia né attraverso i dispositivi video di sorveglianza. La condanna era fondata esclusivamente sull’intestazione del veicolo, una Fiat Panda, all’imputato. A seguito di impugnazione da parte della difesa, la Corte d’Appello ha riformato integralmente la decisione, assolvendo l’imputato con formula piena, accogliendo le doglianze difensive fondate sui principi di diritto penale sostanziale e processuale. L’assoluzione in appello: nessuna prova della responsabilità personale L’appello ha sostenuto con forza l’inapplicabilità di qualunque presunzione di colpevolezza in ambito penale. L’intestazione formale del veicolo – è stato ribadito – non può in alcun modo assurgere a prova dell’identità del conducente, tanto più in un contesto in cui la condotta presunta ha rilevanza penale. La Corte ha accolto questa impostazione, ricordando che la responsabilità penale è personale (art. 27, co. 1, Cost.) e che la colpevolezza deve essere dimostrata “oltre ogni ragionevole dubbio” (art. 533 c.p.p.). Nessuna delle acquisizioni istruttorie – né le informative, né le riprese video, né le dichiarazioni testimoniali – era in grado di attribuire con certezza all’imputato le condotte contestate. In tal senso, la Corte ha sottolineato come l’onere della prova non possa essere invertito, né può ricadere sull’imputato l’obbligo di dimostrare che altri guidavano il veicolo. Ne è derivata l’assoluzione piena, con la formula “perché il fatto non sussiste” o, più precisamente, perché non è stato dimostrato che sia stato proprio l’imputato a commettere il fatto. L’appello aveva inoltre sollevato questioni su 131-bis e sospensione condizionale Sebbene superate in ragione dell’assoluzione, l’atto di appello conteneva ulteriori motivi di rilievo: Il primo riguardava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), alla luce del modesto danno economico, della condotta non violenta e della mancanza di un reale allarme sociale. Il secondo criticava la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, pur in presenza di tutti i requisiti di legge (pena inferiore ai limiti, precedente unico e remoto, assenza di pericolosità attuale). La Corte, pur non pronunciandosi direttamente su questi due aspetti – ritenuti assorbiti dall’assoluzione – ha comunque riconosciuto la fondatezza dei principi evocati dalla difesa. Una pronuncia importante sul piano dei principi Questa sentenza si inserisce in un quadro giurisprudenziale che pone un argine all’automatismo probatorio basato sull’intestazione del veicolo, affermando con chiarezza che la colpevolezza non può fondarsi su elementi meramente formali, soprattutto quando si procede per reati di natura dolosa. Essa rappresenta un rilevante precedente per le numerose fattispecie di accertamento delle truffe autostradali, che spesso si fondano su ricostruzioni documentali non supportate da prove individualizzanti. Infine, il caso offre uno spunto ulteriore per interrogarsi su quando il processo penale sia davvero lo strumento adeguato per sanzionare condotte fraudolente di modesta entità e senza pericolo sociale concreto. In simili circostanze, la risposta dell’ordinamento potrebbe (e forse dovrebbe) essere collocata in sede civile o amministrativa, piuttosto che nell’ambito del diritto penale, riservato ai fatti di maggiore offensività.
Tesoriere - Camera Penale di Fermo
Dal 6/2019 al 3/2023Tesoriere del Direttivo della Camera Penale di Fermo, associazione aderente all'Unione delle Camere Penali Italiane.
Corso di deontologia e tecnica del penalista
Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Macerata e Camera Penale di Macerata - 6/2007Corso abilitante per l'iscrizione nel registro dei difensori d'ufficio
Il Portale del Processo Penale Telematico
Zoom - 1/2024Agli albori dell'introduzione dell'utilizzo del Portale per i depositi telematici, ci si è confrontati con il Procuratore di Fermo, il personale amministrativo della Procura di Fermo ed i Colleghi del Foro, circa le problematiche dei depositi, le alternative di deposito possibili, ed i casi specifici riscontrati senza apparente soluzione.
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Lo studio
Matteo Restuccia
Via O. Respighi N. 10
Fermo (FM)