Avvocato Mauro Pietrangeli Bernabei a Roma

Mauro Pietrangeli Bernabei

Avvocato civilista, lavorista e tributarista

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Danni da cose in custodia - Buche stradali

Scritto da: Mauro Pietrangeli Bernabei - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

In materia di responsabilità per danni da cose in custodia, la norma di riferimento della fattispecie è l’art. 2051 c.c., secondo cui “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”
II Comune, quindi, in qualità di proprietario e custode delle strade che si trovano nel proprio territorio, risponde delle lesioni subite dal danneggiato a causa della strada ammalorata, fatta salva l’ipotesi in cui in cui dimostri il caso fortuito. Pertanto, la responsabilità del Comune ha natura oggettiva, poiché la normativa prevede una presunzione di responsabilità che inverte l’onere probatorio rispetto alla regola generale in tema di illecito extracontrattuale posta dall’art. 2043 c.c., sicché il comportamento del danneggiato-conducente può assumere rilevanza causale ai fini dell’esclusione del risarcimento del danno, ex art. 1227 c.c., solo se riveste natura eccezionale, abnorme e non sia immediatamente prevedibile o eliminabile dal custode, neppure con la più diligente attività di manutenzione della strada.
Tuttavia, nella giurisprudenza di merito e di legittimità si sta via via sviluppando un orientamento a dir poco creativo ed incompatibile con il dato letterale, nonché contrastante con gli ordinari canoni di attribuzione degli obblighi e delle conseguenti responsabilità in capo alla Pubblica Amministrazione.
Invero, ai sensi del suddetto orientamento della giurisprudenza, fortunatamente non univoco e che deve ritenersi assolutamente non condivisibile, le buche sulle strade costituiscono insidie, con conseguente responsabilità del Comune-custode dei danni subiti dall’utente della strada, solo allorché le stesse non risultino visibili, evitabili e prevedibili dall’utente della strada.
Ad esempio, Cassaz. n. 17433/2019 sostiene che il danneggiato, caduto rovinosamente dal motorino all’ora di mezzanotte circa, non ha diritto al risarcimento del danno, neanche in misura parziale, nonostante si tratti di strada priva di illuminazione e di asfalto, nonché cosparsa di buche ricoperte da foglie e ricolma di acqua, solo ed esclusivamente perché il danneggiato stesso poteva essere edotto della presenza delle buche, trattandosi di strada che conduceva all'abitazione della madre. Pertanto, secondo la Cassazione, la circostanza che le buche non risultino visibili, nonché che la strada sia priva di asfalto e completamente dissestata, non rileva, giacché il danneggiato, conoscendo lo stato dei luoghi, avrebbe potuto evitarle, adottando le ordinarie regole di cautela.
A nostro avviso, invece, ben avrebbe fatto la Cassazione, al massimo, a ritenere sussistente un concorso di colpa tra Comune e conducente del ciclomotore, ex art. 1227 c.c., con attribuzione preponderante della responsabilità a carico del Comune stesso.
Una parte della giurisprudenza, quindi, sulla scorta di un’interpretazione creativa del dato letterale, solleva totalmente il Comune dalla responsabilità e dal conseguente risarcimento del danno da cose in custodia, attribuendo la responsabilità esclusiva dell’evento dannoso all’utente della strada, a meno che le buche siano non visibili, imprevedibili e non evitabili con l’uso dell’ordinaria diligenza.
Un orientamento di tal genere, peraltro, nel momento in cui esime il Comune da responsabilità laddove la buca risulti “visibile”, “prevedibile” ed “evitabile” (si può pensare quindi ad un orario di giorno e, ad esempio, al tragitto che ognuno percorre quotidianamente per andare a lavoro) potrebbe risultare assai pericoloso, perché costringe il conducente a guardare, oltre che la strada, anche le eventuale buche site sul manto della stessa, con conseguente pericolo per sé stesso e per gli altri utenti, di fatto legittimando una condotta della Pubblica Amministrazione contrastante con i doveri costituzionalmente imposti.


Avv. Mauro Pietrangeli Bernabei - Avvocato civilista, lavorista e tributarista

Iscritto all'Albo degli Avvocati da Gennaio 1991, sono Cassazionista dal Marzo 2003. Sono cresciuto e quindi specializzato nel contenzioso civile e tributario e posso vantare notevoli successi. Cerco sempre comunque la soluzione stragiudiziale, consigliando l'assistito in tal senso ed indirizzandolo in giudizio solo quando non vi è altra alternativa. Ho molta esperienza giudiziale ed amo lo studio del diritto. Oltre alla partecipazione a numerosi convegni, anche come collaborante, sono abbonato a tre primarie riviste giuridiche che leggo regolarmente. Collaboro con Avvocati di tutta Italia, soprattutto Milano Torino e Toscana




Mauro Pietrangeli Bernabei

Esperienza


Diritto di famiglia

Oltre all'esperienza, mi tengo costantemente aggiornato sulle novità giuridiche e dottrinali ed impiego nelle tematiche personali la giusta sensibilità


Affidamento

Oltre all'esperienza trentennale sia giudiziale che stragiudiziale, mi tengo costantemente aggiornato sulle novità giuridiche e dottrinali ed impiego nell'affrontare tematiche personali così delicate la giusta sensibilità


Eredità e successioni

Mi sono occupato spesso di questioni ereditarie, dai testamenti alle reintegrazioni della quota di legittima, collazione, legati, inventari, accettazione e rinuncia ecc.. Ho seguito vari contenziosi ed anche importanti vicende stragiudiziali


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Referenze

Pubblicazione legale

I diritti del convivente di fatto

Pubblicato su IUSTLAB

La convivenza di fatto è disciplinata dalla L. 76/2016 (c.d. L. Cirinnà). A differenza del matrimonio e delle unioni civili, la convivenza di fatto è aperta a tutti: etero ed omosessuali: l’elemento essenziale è che vi sia uno stabile legame affettivo. RAPPORTI PERSONALI TRA CONVIVENTI DI FATTO Dal punto di vista del rapporto personale la novella introduce tre fondamentali diritti del convivente: a. Il diritto di visita in caso di malattia o ricovero di uno dei due conviventi, nonché il diritto di accedere alle informazioni personali, alla stessa stregua del coniuge o di un familiare; b. Il diritto di designare l’altro convivente quale proprio rappresentante, attraverso un atto da redigersi in forma scritta ed autografa o, in alternativa, alla presenza di un testimone. In tali ipotesi il convivente designato potrà prendere sia decisioni in materia di salute, nel caso in cui l’altro sia affetto da una malattia che comporta incapacità d’intendere e di volere, sia decisioni in materia di donazioni di organi, modalità di trattamento del corpo e celebrazioni funerarie per il caso che l’altro muoia; c. Il diritto di nominare il proprio convivente quale proprio tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora si versi in stato di interdizione, inabilitazione ovvero ricorrano i presupposti di cui all’articolo 404 del Codice civile. RAPPORTI PATRIMONIALI TRA CONVIVENTI DI FATTO Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali, la legge riconosce in ogni caso al convivente di fatto tre fondamentali diritti patrimoniali: a. Il diritto ad esser preferiti nelle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, nell’ipotesi in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo di preferenza; b. Il diritto di lavorare nell’azienda familiare dell’altro convivente, partecipando così agli utili ed agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in misura proporzionale alla qualità e alla quantità del lavoro svolto. c. Il diritto a ricevere il risarcimento del danno nel caso in cui l’altro convivente muoia per una causa derivante da fatto illecito compiuto da terzi ex articolo 2043 del Codice civile (risarcimento peraltro già riconosciuto, se adeguatamente provato, precedentemente all’emanazione della L. Cirinnà). d. In caso di cessazione della convivenza di fatto, la legge prevede il diritto del convivente, che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, di ricevere dall’altro gli alimenti. Si precisa che gli alimenti cono cosa diversa dal mantenimento. Fuori da questi casi, che vengono riconosciuti in ogni caso al convivente di fatto, esiste la figura del contratto di convivenza con il quale i conviventi possono regolare fra di loro i rapporti patrimoniali come meglio credono. I CONTRATTI DI CONVIVENZA Con i contratti di convivenza siamo nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti, nella misura in cui il ricorso a tale fattispecie è volto a regolare liberamente i rapporti patrimoniali tra conviventi. L’autonomia negoziale è quella disciplinata al capoverso dell’articolo 1322 del Codice civile e che, conseguentemente, non può sottrarsi al controllo di meritevolezza e di legittimità previsto dalla legge. PROFILI SUCCESSORI TRA CONVIVENTI DI FATTO Il legislatore ha voluto positivizzare determinati diritti successori in capo ai conviventi: a. Il diritto di abitazione della casa di comune residenza: L’incipit della norma fa salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies del Codice civile per il caso in cui vi siano figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti: in tal caso viene assegnato al convivente, su provvedimento giudiziale conseguente alla cessazione del rapporto di convivenza, un diritto personale di godimento (non il diritto di abitazione) sulla casa familiare. Fuori da questa ipotesi, nei casi di premorienza di uno dei due conviventi, l’altro ha diritto all’abitazione per due anni ovvero per un periodo pari alla convivenza, se superiore, e comunque non oltre i cinque anni. Ove con la coppia di conviventi coabitassero figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non superiore a tre anni. Chiaramente il diritto di abitazione viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitarvici stabilmente, contragga matrimonio od unione civile, ovvero intraprenda una nuova convivenza di fatto; b. Il diritto di succedere al convivente premorto nel contratto di locazione della casa adibita a comune residenza da quest’ultimo stipulato. c. Resta in ultima istanza pienamente valido un testamento che istituisca erede o legatario il convivente di fatto, in tal caso dovendosi solo valutare gli eventuali profili di illegittimità scaturenti dalla possibile lesione dei diritti riconosciuti dalla legge ai legittimari.

Pubblicazione legale

Doni fatti in previsione del matrimonio

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L'acquisto di un appartamento da parte di uno dei nubendi, finanziato con denaro dell'altro in previsione del matrimonio, previo accertamento che l’acquisto sia stato fatto “a causa della promessa di matrimonio” e che si giustifichi per il sol fatto anzidetto, è configurabile come donazione indiretta che, in quanto finalizzata alle nozze, rientra nella previsione di cui all'art. 80 c.c.. Ne consegue che, ove il matrimonio non venga celebrato, essendo venuta meno la "causa donandi", si determina la caducazione dell'attribuzione patrimoniale effettuata nei confronti del donatario, senza che ciò incida sul rapporto fra venditore e donante, il quale, per effetto della retrocessione, viene ad assumere la qualità di effettivo acquirente. (Cass.sez. I Civile Ordinanza n. 29980/2021) L'anzidetto principio è applicabile ad ogni tipologia di dono elargito in previsione di un futuro matrimonio, ex art. 80 c.c.

Pubblicazione legale

Divisione giudiziale compendio immobiliare ereditario

Pubblicato su IUSTLAB

In tema di divisione giudiziale del compendio immobiliare ereditario, l’art. 718 c.c., il quale riconosce a ciascun coerede il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti con le modalità stabilite negli artt. 726 e 727 c.c., trova deroga, ai sensi dell’art. 720 c.c., non solo nel caso di mera “non divisibilità” dei beni, ma anche in ogni ipotesi in cui gli stessi non siano “comodamente divisibili”, situazione, questa, che ricorre nei casi in cui, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l’aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive e non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l’aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell’intero

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Lo studio

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