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Avvocato Walter Massara a Milano

Walter Massara

Avvocato - diritto condominiale , malpractice medica

Informazioni generali

Avvocato del Foro di Milano, Co-fondatore con l'Avv. Gorgoglione del team "WR Milano Avvocati" con il quale ci occupiamo di diritto immobiliare e condominiale, nonchè di recupero del credito e responsabilità medica, Si laurea a pieni voti presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presso lo stesso Ateneo consegue il diploma di specializzazione per le professioni legali. Autore di pubblicazioni su diverse riviste giuridiche, cura costantemente e con dedizione la propria formazione al fine di contribuire alla diffusione del sapere giuridico.

Esperienza


Malasanità e responsabilità medica

Mi occupo da diversi anni "malpractice" medica. Ho seguito con il mio team molteplici casi di malasanità in tutta Italia, sia assistendo sia i pazienti, sia i medici coinvolti. Il nostro team si avvale della collaborazione di medici legali e specialisti, il che ci consente di effettuare una valutazione preliminare della vertenza e di coadiuvare l'attività stragiudiziale e giudiziale.


Diritto condominiale

Il nostro team si occupa di problematiche che investono il Condominio, prestando assistenza in favore: dei Condomini, degli amministratori e dei singoli condomini. Ci occupiamo in particolare di vertenze legate all'impugnazione di delibere assembleari, sia di contenzioso relativo all'utilizzo di parti comuni (es: decoro architettonico, immissioni), nonché di questioni relative al rispetto del regolamento condominiale. Il nostro team si occupa, inoltre, di problematiche che coinvolgono la figura dell'amministratore (es: recupero del credito e delle anticipazioni, revoca e nomina anche giudiziale dell'amministratore).


Sfratto

Il nostro team si occupa con frequenza di azioni di sfratto, generalmente in favore della proprietà, in particolare sia della fase della convalida, sia del recupero del credito, sia dell'esecuzione per consegna e rilascio. Ci occupiamo, altresì, delle azioni ex art. 609 c.p.c. di sgombero dell'immobile non rilasciato libero da cose al temine del rapporto locatizio.


Altre categorie

Recupero crediti, Diritto immobiliare, Diritto aeronautico, Diritto civile, Locazioni, Mediazione, Diritto dei trasporti terrestri, Eredità e successioni, Diritto assicurativo, Pignoramento, Diritto del lavoro, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Diritto penale, Violenza, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Diritto penitenziario, Edilizia ed urbanistica, Negoziazione assistita, Risarcimento danni.



Credenziali

Pubblicazione legale

Risarcimento per decesso da Covid-19: come devono operare i parenti del defunto.

Pubblicato su IUSTLAB

Per attivare una richiesta di risarcimento danni per decesso da coronavirus dovrà essere preliminarmente e attentamente valutata da un medico legale, preferibilmente coadiuvato da un esperto infettivologo, l’intera documentazione sanitaria del paziente deceduto. L'analisi e lo studio della documentazione avrà il fine di comprendere, innanzitutto, la genesi del contagio e confermare, eventualmente, che l’infezione da Covid-19 è avvenuta durante il ricovero presso la struttura sanitaria (ospedale, casa di cura o RSA) in ragione della/e condotta/e negligente, e/o imperita, e/o imprudente del personale ivi operante. Una volta determinato il momento del contagio, si dovrà stabilire, ove possibile, se lo stesso si è realizzato per il mancato rispetto da parte della struttura e del personale sanitario addetto, delle necessarie misure di prevenzione e contenimento della diffusione dell’infezione da Covid-19. Dovrà infine essere accertato che il decesso del paziente è stato causato o concausato dalle complicazioni dell’infezione da coronavirus. Andrà ad esempio ove possibile accertato se il personale sanitario: - era stato dotato dei dispositivi di protezione individuale; - era stato sottoposto a periodico monitoraggio con tampone; - se i pazienti positivi erano stati isolati all’interno della struttura, e se per essi erano stati previsti percorsi dedicati; - se era stato disciplinato l’accesso alla struttura da parte del personale non dipendente; - se e come veniva eseguita la sanificazione ambientale. Ciò premesso, solo a fronte di comprovate inadempienze si può pensare di procedere con un’azione legale giacchè non si può utilizzare il sistema della giustizia solo per “tentare” di ottenere ristoro dalla perdita del proprio caro. In tema di risarcimento dei danni, sarà possibile agire in sede penale, costituendosi parte civile, ma soprattutto in sede civile agendo direttamente contro la struttura incriminata. Avv. Walter Massara WR Milano Avvocati

Pubblicazione legale

Chirurgia estetica e diritto al consenso informato

Pubblicato su IUSTLAB

La Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza 8756/2019, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno ad una paziente che si era sottoposta ad un intervento di lifting e che non era stata adeguatamente informata dal chirurgo plastico sulle possibili complicanze operatorie ribadendo il principio di diritto, già consacrato in precedenti pronunce, secondo cui “… la correttezza o meno del trattamento non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell’illecito per violazione del consenso informato, in quanto è del tutto indifferente ai fini della configurazione della condotta omissiva dannosa e dell’ingiustizia del fatto, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit di informazione non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni…” Nelle motivazioni i Giudici di legittimità sottolineano come qualsiasi trattamento sanitario, ove eseguito senza la previa prestazione di un valido consenso, avvenga in violazione degli artt. 32, II° comma e 13 della Costituzione (a norma dei quali, rispettivamente, nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se non per disposizione di legge e ognuno ha diritto all’inviolabilità della libertà personale con riferimento alla salvaguardia della salute e dell’integrità fisica) nonché dell’art. 33 della Legge 833/1978, che esclude la possibilità di accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente se questi è in grado di prestarlo e non ricorrano i presupposti dello stato di necessità. Pertanto il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va sempre e comunque rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza, rinvenuti a seguito di un intervento concordato e programmato, per il quale sia stato richiesto ed ottenuto il consenso, e tali da porre in gravissimo pericolo la vita della persona, o laddove si tratti di trattamento sanitario obbligatorio. Tale consenso è inderogabile sicchè non assume alcuna rilevanza, al fine di escluderlo, il fatto che l’intervento sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, per la semplice ragione che, a causa del “deficit” di informazione, il paziente non è posto in condizione di assentire al trattamento, consumandosi nei suoi confronti, comunque, una lesione di quella dignità che connota l’esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica. Pertanto, nell’interpretazione degli Ermellini la correttezza o meno del trattamento non assume rilievo ai fini della sussistenza dell’illecito per violazione del consenso informato; la condotta omissiva dannosa e l’ingiustizia del fatto sussistono per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit informativo, non sia stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà libera e consapevole. Avv. Walter Massara WR – Milano Avvocati

Pubblicazione legale

Ostetrica responsabile ove non contatti il medico di turno in presenza di sofferenza fetale.

Pubblicato su IUSTLAB

La Cassazione Sezione Penale ha ritenuto configurabile una responsabilità del personale di ostetricia ove, in presenza di una sofferenza fetale, lo stesso ometta di contattare tempestivamente il medico di turno, limitandosi a contattare il medico privato della paziente. Nel caso di specie, le ostetriche hanno omesso di contattare il medico di turno presente presso la struttura sanitaria, mentre, secondo la Corte, appena emersi i fattori di rischio per la madre e per il nascituro avrebbero dovuto sollecitare tempestivamente l’intervento del professionista ivi presente, non potendo attendere il medico privato della gestante. La Cassazione ha quindi enunciato che: “La giurisprudenza di questa Corte è uniforme nell’affermare che integra il delitto colposo di interruzione della gravidanza la condotta dell’ostetrica che, incaricata di eseguire un tracciato cardio-tocografico all’esito del quale si evidenzi un’anomalia cardiaca del feto, ometta di informare tempestivamente il medico di turno, sempre che la violazione della regola cautelare, consistente nella richiesta di intervento immediato del sanitario, abbia cagionato o contribuito significativamente a cagionare l’evento morte”. In ogni caso, la Corte non ha ritenuto sussistente una responsabilità delle ostetriche nel caso di specie per carenza del nesso causale, in quanto, se pure il trasferimento in un ospedale attrezzato sia avvenuto tardivamente (integrando così una condotta colposa), non è detto (oltre ogni ragionevole dubbio) che il ritardo sia stato decisivo nella causazione dell’evento dannoso. Team WR Milano Avvocati

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