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Cellulari e Tumori. Che relazione?

Scritto da: Giuseppe Di Matteo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

C'è correlazione tra tumore al cervello e uso dei cellulari? La domanda è di quelle importanti. Negli anni l'argomento è stato al centro di una discussione che non si è mai placata e che ha coinvolto operatori del settore, scienziati, produttori e molti altri. Nonostante l'ampio e acceso dibattito, tuttavia, a tale domanda non è stata ancora fornita una risposta univoca.
Ciò che si teme è che l'utilizzo delle onde radio da parte di apparecchi come smartphone e cellulari possa determinare l'insorgere di patologie tumorali. Si tratta di una preoccupazione originata dalla capillare diffusione dei cellulari, dal loro utilizzo da parte di soggetti di tutte le età, bambini compresi, e spesso per un tempo davvero ragguardevole. Preoccupazioni che non si sono placata a seguito dell'implementazione della tecnologia, volta alla riduzione delle emissioni da parte di cellulari di ultima generazione.
  • Tumori e cellulari: cosa dice la scienza?
  • Corte d'Appello di Torino: nesso causale tra tumore e cellulare
  • Il precedente della Cassazione

Tumori e cellulari: cosa dice la scienza?


In sostanza, per la scienza non ci sono (ancora) conclusioni definitive e nel panorama degli studi internazionali emergono conclusioni non sempre convergenti. "Le prove disponibili non sono sufficienti per affermare che vi sia un nesso, in particolare per i cellulari di nuova generazione" si legge sul sito dell'AIRC (Fondazione per la Ricerca sul Cancro) che evidenzia come "un lieve aumento di rischio è stato segnalato dai risultati di alcuni studi solo per il neurinoma e il glioma".

L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'OMS (IARC), non essendo in grado di escludere ripercussioni sulla salute, a causa delle prove ancora limitate di una relazione tra cellulari e tumori celebrali, ha invece ritenuto di classificare le onde a radiofrequenza tra i "possibili cancerogeni per gli esseri umani".

Altre agenzie, come le statunitensi Environmental Protection Agency (EPA) e il National Toxicology Program (NTP), hanno scelto di non classificare i cellulari tra i carcinogeni potenziali. Allo stesso modo si sono comportati finora la Food and Drug Administration (FDA) e i Centers for Disease Control di Atlanta (CDC). Il National Cancer Institute statunitense (NCI) e Cancer Research UK (CRUK) ritengono che ulteriori ricerche siano necessarie per valutare complessivamente gli effetti dei cambiamenti tecnologici; in attesa di sviluppi considerano i cellulari sicuri se utilizzati con gli auricolari.



La Corte d'Appello di Torino


Se da un lato molte autorità scientifiche consigliano prudenza, in attesa di ulteriori risultati, la giurisprudenza si è trovata più volte a pronunciarsi sul tema. Da ultimo rileva la sentenza della Corte d'Appello di Torino, n. 904/2020 (qui sotto allegata), che ha riconosciuto la sussistenza di un nesso causale tra l'uso prolungato e scorretto del telefono cellulare e il neurinoma del'acustico occorso al lavoratore di un'importante azienda italiana che aveva utilizzato il cellulare in maniera prolungata e "abnorme" nel periodo lavorativo dal 1995-2010.

Nonostante le rimostranze dell'INAIL, la Corte territoriale ha ritenuto di fondare la propria decisione sulle conclusioni dei Consulenti tecnici che avevano accertato la sussistenza del nesso causale dopo aver evidenziato la notevolissima esposizione del lavoratore alle radiofrequenze per l'uso del telefono cellulare nel periodo indicato.


Le conclusioni, si legge in sentenza, appaiono fondate su un accurato e aggiornatissimo esame delle fonti della letteratura scientifica, applicata alle peculiarità del caso concreto (per quantità e durata dell'esposizione), in assenza di fattori alternativi di rischio, secondo standard di certezza probabilistica.

Pertanto, secondo i giudici, considerate le peculiarità del caso concreto (associazione tra tumore raro ed esposizione rara per durata ed intensità; periodo di latenza congruo con i valori relativi ai tumori non epiteliali; il fatto che la patologia sia insorta nella parte destra del capo del ricorrente, soggetto destrimane; mancanza di altra plausibile spiegazione della malattia), deve ritenersi provato un nesso causale, o quantomeno concausale, tra tecnopatia ed esposizione, sulla base della regola del "più probabile che non".

Il precedente della Cassazione



Anche la Corte di Cassazione ha avuto occasione in passato di interfacciarsi con la vicenda. Nella sentenza n. 17438 del 12 ottobre 2012, i giudici di legittimità hanno confermato la relazione diretta tra uso continuo e prolungato del cellulare e il tumore (benigno)occorso a un manager al nervo trigemino sinistro.

Gli Ermellini hanno rammentato che, nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

A tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all'entità e all'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio, anche considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalia natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall'assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 6434/1994; 5352/2002; 11128/2004;15080/2009).

Nel caso esaminato, è stata ravvisata la sussistenza del requisito di elevata probabilità che integra il nesso causale, poiché, a detta del CTU, doveva riconoscersi un ruolo almeno concausale delle radiofrequenze nella genesi della neoplasia subita dall'assicurato, configurante probabilità qualificata.



Avv. Giuseppe Di Matteo - Avvocato familiarista a Perugia

Questo Studio si propone di aiutare le persone a risolvere i propri problemi piccoli e grandi attraverso un approccio allo stesso tempo umano e giuridico alle problematiche che gli vengono sottoposte. Ritengo che alla base di un buon servizio professionale ci debba essere l'ascolto attento del cliente sia dal punto di vista umano che da quello più strettamente tecnico, e la ricerca a 360 gradi di soluzioni dirette alla ricerca dell'effettivo interesse (potremmo dire BENE) dello stesso, inteso come PERSONA, attraverso lo studio e l'aggiornamento costante e scrupoloso.




Giuseppe Di Matteo

Esperienza


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Una pluriennale esperienza nella consulenza matrimoniale e come mediatore familiare, con la convinzione che la professione forense debba contribuire non solo alla difesa dei diritti e al buon funzionamento della giustizia, ma anche alla promozione della dignità della persona finalizzata alla realizzazione di una società più giusta ed etica.


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Referenze

Pubblicazione legale

GLI OTTO SINTOMI DELLA SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE!

Pubblicato su IUSTLAB

Una recente sentenza del Tribunale di Brescia riconosce una mamma come "alienante" in base ai criteri di cui si dirà più avanti, affidando la figlia minore al padre. Quest'ultimo, malgrado la campagna denigratoria condotta dalla ex moglie appariva al giudice un genitore adeguato e competente. La sentenza in commento, sempre a proposito di alienazione parentale, rileva anche per un altro aspetto e grazie a questo si segnala per originalità ed innovatività: l'aver elencato espressamente gli 8 sintomi che, quando si verificano, denotano la presenza dell'alienazione parentale. Si tratta, in particolare: "1) della campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante; 2) della razionalizzazione debole dell'astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o superficiali; 3) della mancanza di ambivalenza. Il genitore rifiutato è descritto dal bambino "tutto negativo", mentre l'altro genitore è "tutto positivo"; 4) del fenomeno del pensatore indipendente: il bambino afferma che ha elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore; 5) dell'appoggio automatico al genitore alienante, quale presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante; 6) dell'assenza di senso di colpa; 7) degli scenari presi a prestito, ossia affermazioni che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente; 8) dell'estensione dell'ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato". La sindrome da alienazione parentale rimane purtroppo uno degli aspetti più dolorosi che interessano le già difficili vicende disgregative della famiglia. Pertanto merita tutta l'attenzione degli addetti ai lavori, cioè di coloro che per professione e/o vocazione accompagnano i coniugi in questa difficile transizione.

Pubblicazione legale

Decisione singolare: alimenti e casa al marito e figlio affidato al padre!!!

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Moglie condannata a pagare il mantenimento del marito e bambino affidato al padre. È quanto ha stabilito il tribunale di Avezzano riguardo a una vicenda che ha coinvolto una famiglia marsicana. Alla base della decisione ci sono diversi fattori tra cui la posizione economicamente più vantaggiosa della madre del bambino, una imprenditrice, rispetto a quella del padre operaio. Ma la sentenza sarebbe stata adottata anche perché, nel corso di una perizia, disposta nel corso delle udienze, ha stabilito come il padre avesse una capacità genitoriale migliore della madre. Il giudice del tribunale di Avezzano ha infatti emesso un’ordinanza in cui ha stabilito l’affidamento del figlio minorenne al padre a cui ha assegnato la casa coniugale. Non solo. Il tribunale ha imposto alla madre di corrispondere al padre la somma di 250 euro al mese per il mantenimento del bambino, stabilendo il diritto di visita a favore della madre per tre giorni a settimana, con affidamento esclusivo al padre. Si tratta di un caso singolare e difficilmente sarà seguito da altri provvedimenti simili, soprattutto per quanto concerne l'affidamento visto che, se si può, si preferisce sempre, e a ragione, quello condiviso. E', però, importante perché ci ricorda che in questo campo non esistono e non devono esistere dogmi. Nessuno ha mai detto che i figli minori stiano sempre meglio con la madre o che quest'ultima sia sempre più capace. Al giorno d'oggi è bene mettere in discussione i luoghi comuni e pensare solo al bene dei figli.

Pubblicazione legale

Per l'addebito della separazione può bastare il tradimento presunto

Studio Legale Di Matteo

L'ordinanza della Cassazione n. 1136/2020 dichiara inammissibile il ricorso di un ex marito chei tenta di far ricadere la colpa della fine del matrimonio sulla ex moglie responsabile, a suo dire, di non volerlo più seguire e sostenere

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Lo studio

Giuseppe Di Matteo
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Perugia (PG)

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