L’art. 187 C.d.S. punisce
il soggetto che si mette alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti,
prevedendo tra l’altro la revoca della patente nel caso in cui lo stesso
soggetto abbia causato un incidente.
Se le indagini tossicologiche
(esami del sangue/urine) risultano NON NEGATIVE, gli operatori inviano alla
compente Procura della Repubblica la notizia di reato.
Solitamente il PM richiede
ed ottiene un Decreto Penale di condanna al quale, se si ritiene di non essersi
messi alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, è possibile fare opposizione entro 15 giorni dalla
notifica.
Se, invece, il PM procede
con la notifica dell’avviso ex art 415 bis cpp, è possibile chiedere di
essere sentiti entro 20 giorni dalla notifica, sempre se si ritiene di non essersi messi alla guida sotto
l’effetto di sostanze stupefacenti
Infatti la Corte di Cassazione
IV sezione penale con la sentenza n.7199 del 2024 ribadito il principio secondo
cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art 187 C.d.S., non è
sufficiente che l'agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver
assunto droghe, ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione
causato da tale assunzione (Sez. 4, n. 41376 del 18/7/2018, Basso, Rv.
274712-01; n. 15078 del 17/1/2020, Gentilini, Rv. 279140, in cui, in
motivazione la Corte ha chiarito che, diversamente dall'ipotesi di guida sotto
l'effetto di alcool, la mera alterazione non è punibile, se non derivante
dall'uso di sostanza, né è punibile il semplice uso non accompagnato da
alterazione). In altri termini la condotta tipica della contravvenzione di cui all’art
187 C.d.S. non è quella di chi guida dopo avere assunto sostanze
stupefacenti, bensì quella di colui che guida "in stato di alterazione
psicofisica" determinato da tale assunzione e, pertanto, perché possa
affermarsi la responsabilità dell'agente non è sufficiente provare che,
precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia
assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione
causato da tale assunzione. Ciò richiede, quindi, non soltanto l'accertamento del
dato storico dell'avvenuto uso di sostanze stupefacenti, ma anche quello
dell'influenza sulle condizioni psico-fisiche dell'assuntore durante il tempo
della guida del veicolo. Tale ultimo accertamento può essere dimostrato
attraverso gli esami biologici dimostrativi della avvenuta precedente
assunzione dello stupefacente in associazione ai dati sintomatici rilevati al
momento del fatto (con la valorizzazione delle deposizioni raccolte e del
contesto in cui il fatto si è verificato), senza che sia però necessario espletare
una specifica analisi medica (nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la
sentenza di condanna, sul rilievo che il giudice di merito non aveva spiegato
specifica motivazione a supporto della necessaria alterazione attraverso
puntuale valorizzazione del contesto) (Sez. 4, n. 12409 dei 06/03/2019, non
mass.). Nel caso preso in esame il giudice aveva totalmente omesso di
argomentare a riguardo di questo essenziale elemento della fattispecie
illecita, avendo in realtà omesso in radice di rendere motivazione circa la
relazione ravvisata tra i dati di fatto così come esposti e la previsione
legale. Del tutto assente, quindi, l'esplicitazione del percorso
logico-giuridico che è a monte della pronuncia di condanna. E se la
presentazione delle circostanze rilevanti (presenza di cannabinoidi nel sangue,
coinvolgimento in uri incidente stradale senza interessamento di altri veicoli,
condizione di conducente di tale veicolo) può valere, per significatività di
esse, quale implicita esplicazione del giudizio di ricorrenza di alcuni
elementi di fattispecie, altrettanto non può dirsi per l'esistenza di
alterazione psico-fisica durante le fasi della guida del veicolo.
Avvocato PENALISTA iscritto all’Albo Speciale dei Patrocinanti in CASSAZIONE, con studio in Torino ed in Alessandria. Si è laureato nel 1998 presso l’Università di Bologna ed ha frequentato il Master per Giuristi d’Impresa presso la S.A.A. di Torino Nel 2001 si è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Torino dopo aver superato l’esame di abilitazione presso la Corte d’Appello di Torino e dal 2013 è iscritto nell’apposito Albo degli Avvocati Cassazionisti. Svolge attività di assistenza in tutte le fasi del procedimento penale e per qualsiasi reato.
L'Avv. Emanuele Crozza ha maturato esperienza nel settore del diritto bancario con particolare riferimento alla tutela del correntista (risparmio tradito, anatocismo, usura bancaria, fideiussioni nulle, revoca affidamenti e mutui, opposizione a decreto ingiuntivo e precetto….). La legge mette a disposizione del consumatore e dell'imprenditore gli strumenti per poter affrontare e chiarire le posizioni debitorie. La richiesta di pagamento, il decreto ingiuntivo ed ogni forma di pretesa da parte delle banca o finanziaria deve essere affrontata con tempestività e professionalità al fine di far valere correttamente i propri diritti
L'Avv. Emanuele Crozza ha maturato esperienza nel settore del diritto bancario casi di c.d. USURA BANCARIA e non solo. ( Anatocismo, usura bancaria, fideiussioni nulle, revoca affidamenti e mutui, opposizione a decreto ingiuntivo e precetto….). Non sempre quanto richiesto dalle banche o dalle finanziarie è la somma effettivamente dovuta
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