Avvocato Gian Paolo Schettino a Milano

Gian Paolo Schettino

Avvocato Penalista Patrocinante in Cassazione


Informazioni generali

Avvocato Penalista dal 1996, sono abilitato al Patrocinio in Cassazione dal 2008. Le sedi del mio Studio Legale sono a Napoli e dal 2015 anche a Milano. Negli anni ho maturato esperienza in vari settori del diritto penale ed assisto imputati di varie tipologie di delitti: di criminalità organizzata, in materia di stupefacenti, contro il patrimonio, contro la persona, sessuali, societari, fallimentari. Ho conseguito altresì competenza nei procedimenti innanzi ai Tribunali di Sorveglianza, in quelli di esecuzione della pena ed in materia di misure di prevenzione. Assisto le parti nei Ricorsi ordinari e straordinari per Cassazione.

Esperienza


Diritto penale

Rispetto a quando ho intrapreso la professione forense il ruolo dell'Avvocato Penalista si è profondamente modificato in quanto sempre maggiore è la preparazione tecnico-giuridica richiesta laddove forse in passato veniva richiesta una maggiore capacità persuasiva ed oratoria. In quest'ottica ho ritenuto sempre essenziale privilegiare l'approfondimento delle questioni procedurali e lo studio analitico degli atti processuali in quanto ritengo che una buona difesa non possa prescindere da questi due aspetti che vanno comunque accompagnati dalla capacità di farsi comprendere ed ascoltare sia dai Giudici che dai propri assistiti.


Omicidio

Patrocino in numerosi processi per omicidio, per la maggior parte si tratta di omicidi maturati nell'ambito della criminalità organizzata. In questi processi le prove a carico degli imputati sono rappresentate quasi esclusivamente dagli esiti delle attività di intercettazione telefonica ed ambientale effettuate dalla PG oltre che dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Si tratta di processi nei quali la tensione emotiva raggiunge livelli elevatissimi in quanto, in caso di condanna dell'imputato, può essere irrogata la pena dell'ergastolo. E' necessario avere una conoscenza molto approfondita di tutti gli atti processuali


Violenza

Ho assistito più volte imputati di violenza sessuale. La difficoltà nella difesa in tali tipologie di processi deriva soprattutto dalle modalità con le quali i reati di violenza sessuale vengono perpetrati. Trattandosi di reati che, nella maggior parte dei casi, non avvengono in presenza di testimoni ma si consumano in contesti ove sono presenti solo la vittima ed il presunto aggressore, la prova a carico dell'imputato è rappresentata quasi esclusivamente dalla narrazione della persona offesa che, se precisa e credibile, rende difficoltoso dimostrare l'estraneità e la non colpevolezza dell'imputato.


Altre categorie:

Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Sostanze stupefacenti, Diritto penitenziario, Cassazione, Risarcimento danni.


Referenze

Caso legale seguito

Arrestato con l’accusa di essere stato il mandante di omicidio di stampo camorristico: assolto per non aver commesso il fatto

2009/2010 Tribunale di Napoli

Il nostro assistito fu colpito da ordinanza di custodia cautelare per un omicidio maturato ed eseguito durante una guerra tra clan camorristici. Il quadro indiziario era rappresentato dalle dichiarazioni di 4 collaboratori di giustizia che lo accusavano di essere stato uno dei soggetti che deliberarono l’omicidio e di essere stato presente sul luogo quando la vittima fu ammazzata. Avverso l’ordinanza di custodia cautelare abbiamo proposto ricorso al Tribunale del Riesame ed abbiamo dimostrato, all’esito di indagini difensive da noi effettuate, che quando fu deciso ed eseguito l’omicidio il nostro assistito era detenuto in carcere e quindi non aveva potuto partecipare alla riunione in cui l’omicidio fu deliberato né aveva potuto essere presente alla esecuzione dell’omicidio stesso. Accogliendo le nostre argomentazioni il Tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza in quanto le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che incolpavano il nostro assistito non risultavano attendibili avendo essi accusato un soggetto che, in quanto detenuto, non aveva potuto prendere parte all’omicidio. Il PM, ritenendo che l’accusa fosse fondata, ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imputato e, all'esito del rito abbreviato, ha chiesto che il nostro assistito fosse condannato alla pena di anni 30 di reclusione. Nel corso della nostra arringa abbiamo ribadito l’impossibilità per l’imputato di aver partecipato alla riunione in cui fu deciso l’omicidio stante il suo stato di detenzione in carcere. Il GIP ha assolto l’imputato per non aver commesso il fatto.

Caso legale seguito

COLD CASE - Condannato in primo grado per omicidio commesso 43 anni fa assolto nel giudizio di appello

2018/2023 - GIP TRIBUNALE NAPOLI - CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI NAPOLI

Il nostro assistito viene tratto a giudizio e condannato in primo grado, all'esito del giudizio abbreviato, alla pena di anni 16 di reclusione per un omicidio avvenuto nel 1979 e maturato nell'ambito di una faida di camorra determinata da contrasti di natura familiare e dall'appartenenza dei protagonisti ad opposte fazioni della criminalità organizzata. Gli elementi di prova a carico dell'imputato erano costituiti dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia che riferivano di aver partecipato alle riunioni nel corso delle quali era stato deciso e pianificato l'omicidio alla cui esecuzione materiale l'imputato aveva anche partecipato personalmente. In particolare 3 fratelli, appartenenti ad una nota famiglia camorristica napoletana, divenuti collaboratori di giustizia, accusavano l'imputato di aver chiesto ed ottenuto la loro collaborazione ai fini dell'esecuzione dell'azione omicidiaria, di essersi posto alla testa del commando omicida e di essere stato uno dei soggetti che esplosero i colpi di arma da fuoco nei confronti della vittima e delle altre persone ferite nel corso dell'azione. Nel giudizio di appello abbiamo evidenziato che le dichiarazioni dei 3 fratelli che accusavano il nostro assistito erano prive di attendibilità intrinseca in quanto provenienti da soggetti che nutrivano astio e rancore nei confronti dell'imputato e che comunque esse non si riscontravano vicendevolmente in quanto differivano su elementi essenziali e determinanti della vicenda omicidiaria. La Corte di Assise di Appello ha condiviso le argomentazioni difensive ed ha assolto l'imputato per non aver commesso il fatto.

Caso legale seguito

Mandante omicidio assolto per non aver commesso il fatto

2002/2006 - Corte di Assise di Milano - Corte di Assise di Appello di Milano

Il nostro assistito viene colpito da ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di essere stato mandante di un omicidio commesso a Milano nell'ambito di una guerra di camorra. La vittima, che in passato aveva militato nella NCO e che nel corso della guerra con la NF si era resa autrice di vari fatti di sangue, da anni viveva a Milano e si era inserita nel settore degli stupefacenti. Secondo la ricostruzione accusatoria, basata sulle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia, l'omicidio era stato deciso nell'ambito di uno scambio di favori tra i capi di clan camorristici ed stato eseguito grazie all'intervento di alcuni napoletani, da anni trasferitisi a Milano e militanti nella locale criminalità organizzata. I vari dichiaranti avevano riferito che il nostro assistito, nell'ambito di trattative finalizzate al raggiungimento della pace camorristica, aveva chiesto che fosse effettuato l'omicidio dell'ex cutoliano in modo da chiudere definitivamente i conti con il passato; l'omicidio era stato pertanto eseguito a seguito della richiesta del nostro assistito. Nel corso del dibattimento siamo riusciti a dimostrare che uno dei collaboratori di giustizia era affetto da patologie mentali, un altro collaboratore era inattendibile intrinsecamente in quanto, dopo l'inizio del percorso collaborativo, aveva ripreso a commettere reati ed altri tre collaboratori nutrivano rancore nei confronti del nostro assistito. La Corte di Assise di Milano assolveva l'imputato per non aver commesso il fatto. Il verdetto assolutorio veniva confermato dalla Corte di Assise di Appello di Milano e poi dalla Corte di Cassazione.

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