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Assegno di mantenimento dei figli: ripetibilità delle somme versate in eccesso.

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Assegno di mantenimento dei figli: ripetibilità delle somme versate in eccesso.

IL FATTO:

Un padre di due figli separato si è trovato costretto a versare alla ex compagna una considerevole somma di denaro a titolo di assegno di mantenimento in favore dei due figli, con trattenuta diretta alla fonte da parte del suo datore di lavoro.

Nelle more uno dei due figli è andato a vivere stabilmente col padre; per tale motivo ha chiesto al Tribunale una revisione dell’assegno.

Il Tribunale, dopo una lunga causa, ha stabilito che ogni genitore dovesse provvedere al mantenimento del figlio con lui convivente, nulla però disponendo per il passato.

Il padre, si è sentito pregiudicato, in quanto, è vero che il Tribunale gli aveva riconosciuto tale diritto, però fino all’ottenimento della pronuncia di primo grado, si era visto costretto a continuare a versare alla ex moglie (con trattenuta alla fonte da parte del datore di lavoro) la somma originariamente stabilita in favore di entrambi i figli (quando oramai un figlio viveva stabilmente col padre e l’altro con la madre).

Per tale motivo ha proposto reclamo, chiedendo la restituzione delle somme medio-tempore versare alla madre.

Si è costituita la madre sostenendo la assoluta irripetibilità delle somme corrisposte dall’altro genitore per il mantenimento dei figli successivamente al verificarsi dell’evento che abbia fatto o ridotto l’entità o estinto il presupposto dell’obbligazione stessa.

All’uopo ha richiamato Cass. civ. sez. VI, 29 maggio 2014, n. 12085; Cass. civ. sez. VI, 4 luglio 2016, n. 13609.

Il reclamante ha rappresentato di essersi trovato costretto a versare forzosamente alla ex compagna, la non trascurabile somma mensile, che il suo datore di lavoro ha trattenuto direttamente alla fonte ed ha provveduto a versare alla ex compagna, per mantenere due figli, di cui uno oramai viveva con lui.

Ha richiamato la sentenza (Cassazione civile, sez. I, 23 Maggio 2014, n. 11489. Est. Giancola), con cui il Supremo Collegio ha esaminato un caso speculare, aprendo alla ripetibilità delle somme versate a titolo di mantenimento dei figli, quando i presupposti sono venuti meno.

Nel caso in cui l’obbligo di mantenimento indiretto della prole posto a carico del genitore venga revocato con provvedimento giudiziale, l’onerato ha diritto a ripetere le somme che abbia versato dal momento in cui il titolo è venuto meno. La ritenzione non può ritenersi giustificata in ragione dei principi in tema di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle prestazioni alimentari, posto che tali principi non operano indiscriminatamente ed in virtù di teorica assimilabilità alle prestazioni alimentari dell’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni, ma implicano che in concreto gli importi riscossi per questo titolo abbiano assunto o comunque abbiano potuto assumere analoga funzione alimentare”.

Nel caso esaminato, tali esborsi non hanno di certo assunto la funzione “alimentare”, in quanto il soggetto beneficiato (il figlio convivente col padre) non ne ha goduto (vivendo col padre), essendoseli intascati la madre che non ha più provveduto a mantenere il figlio.

Al riguardo il Tribunale Savona (sent. 01-03-2018) ha correttamente evidenziato come le somme versate a titolo di mantenimento, sia in favore del coniuge che dei figli minori o maggiorenni ma non autosufficienti, non sono ripetibili, nel caso in cui il provvedimento di assegnazione del contributo sia in seguito revocato o modificato. A tale risultato si è giunti attraverso una sostanziale equiparazione tra prestazione di alimenti e di mantenimento. Tale conclusione è stata giustificata ipotizzando una presunzione di pressoché istantanea utilizzazione degli alimenti, destinati per loro natura ad essere consumati rapidamente, con conseguente assenza in capo al beneficiario del dovere di accantonarne una certa quantità in previsione di un eventuale provvedimento di modifica o di revocaTuttavia, ciò vale, esclusivamente, per quelle somme destinate ad una concreta funzione alimentare. Il principio di irripetibilità resta, quindi, limitato a prestazioni dirette ad assicurare unicamente, per la loro misura e le condizioni economiche del percipiente, i mezzi necessari per fare fronte alle esigenze essenziali di vita.

Laddove tale funzione alimentare non sussista, il principio della irripetibilità non ha più ragione di esistereIn questo senso, si veda Cass. 11489/14 (relativo ad una domanda di ripetizione proposta nei confronti di figli maggiorenne ed autosufficienti; in questo caso, la S.C. ha escluso che l’assegno avesse funzione alimentare nel caso in cui il contributo risulti destinato a favore di chi abbia già raggiunto una posizione di indipendenza economica e non necessiti più del sostentamento assicurato dal genitore ed ha, quindi, accolto la domanda di restituzione proposta dal genitore obbligato) o Cass. 2182/09 (in cui una parte è stata condannata a restituire le somme percepite, grazie alla sentenza di primo grado, a titolo di assegno divorzile, in misura superiore a quella determinata in sede di appello, considerando la natura non alimentare delle somme suddette alla luce della consistente entità dell’assegno). Il principio in esame è stato ribadito poi in motivazione da Cass. n. 6864/09.

La Corte di Appello con riferimento alla domanda di ripetizione del contributo avanzata dal reclamante, ha stabilito che, costituiscono fatti pacifici in atti che il sig. XXX versava € YYY alla ex convivente per il mantenimento di ambedue i figli che con quest’ultima convivevano; che dall’agosto 2018 il figlio ZZZ andava a coabitare con il padre; che la sig.ra , tuttavia continuava a percepire la somma suddetta, per il mantenimento di entrambi, in quanto versata direttamente dal datore di lavoro del sig. XXX; che il Tribunale revocava ogni contributo per ZZZ e fissava in € = il contributo per l’altro figlio, JJJ, che continuava a convivere con la madre. Non è dubbio, come costantemente affermato anche dalla Suprema Corte, che il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne comporta che la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione (cfr., da ultimo, Cassazione civile, Sezione VI-1, Ordinanza 24.10.2017 n. 25166; ib., 04.07.2016 n. 13609). Tale principio è tuttavia da contemperarsi con le ordinarie regole in materia di indebito: se difatti, nel caso di specie il principio della sostanziale irripetibilità deve essere applicato in riferimento alla quota parte di contributo che la sig.ra __ riceveva per JJJ che con lei continuava a convivere, non altrettanto deve dirsi per la quota parte riferibile all’altro figlio in quanto il fatto storico dell’allontanamento dall’abitazione materna faceva venir meno, a monte, ogni diritto della madre ad ottenere il contributo il cui persistente versamento, lungi dal mantenere la natura alimentare, iniziava ad assumere piuttosto i connotati di indebito oggettivo. Pertanto, limitatamente a tale quota, da considerarsi presuntivamente pari alla metà del totale, la domanda di ripetizione a far data dal mese dell’allontanamento del ragazzo (agosto 2018) è da accogliere. Ne consegue che la reclamata deve essere condannata alla restituzione della somma di € __= (€ __:2) per mese a far data dall’agosto 2018 oltre interessi nella misura legale dalla stessa data fino al saldo.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte d’Appello di Firenze così provvede:

ACCOGLIE parzialmente il reclamo proposto dal sig. XXX e, per l’effetto, accertato il diritto di quest’ultimo alla ripetizione della metà del contributo già fissato per il mantenimento dei figli, a far data dall’agosto 2018, dispone che la sig.ra__  corrisponda, in favore di controparte, la somma di € __= per mese a far data dall’agosto 2018 fino al saldo oltre interessi nella misura legale dalla stessa data fino al saldo.


Avv. Giovanni Longo - Avvocato civilista tributarista

Giovanni Longo è un avvocato, arbitro e mediatore professionista D.M. 28/10. Accoglie i propri assistiti presso il suo Studio di Pisa, dove si avvale della collaborazione multidisciplinare di altri professionisti in diritto per svolgere consulenze ed assistenza legale. Lo Studio Legale dell’avv. Giovanni Longo si distingue per il suo dinamismo, la sua forza e la sua vitalità che permettono di instaurare una relazione con i clienti solida e sempre improntata alla fiducia ed al rispetto reciproco (come da omonimo sito internet studiolegalegiovannilongo).




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Notifica nulla con poste private: Cassazione civile sentenza n. 299/2020.

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Notifica nulla e non inesistente se effettuata da poste private: note alla sentenza n. 299/2020 Cassazione civile Sezioni Unite. Per la Cassazione civile (sentenza n. 299/2020) l’operatore privato senza licenza non può conferire certezza legale alla data di consegna. La notifica è nulla e non inesistente se effettuata a mezzo del servizio postale privato. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza in esame, ha stabilito che in questo caso la notifica è nulla, ed ha espresso i seguenti principi di diritto: “ In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla legge n. 124 del 2017″. “La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo “. “La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo.” Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con la sentenza 10 gennaio 2020, n. 299. “ In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare gli atti giudiziari a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione dell’atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo del periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. 124 del 2007 ”. L’operatore privato che proceda alla notifica dell’atto giudiziario e che non sia munito della dovuta licenza non può di fatto conferire certezza legale alla data di consegna in cui la stessa avviene: “[…] occorre che vi sia una precisa sequenza procedimentale diretta a documentare le attività compiute in relazione all’accettazione del plico da spedire e quindi a identificare la certa provenienza delle attestazioni su giorno e numero della raccomandata (Cass. Sez. Un. 13452 e 13453/2017) ”. cassazione-civile-sentenza-299-2020

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Agenzia Entrate Riscossione e avvocati libero foro: ordinanza n. 2298 del 31 gennaio 2020

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Agenzia Entrate Riscossione e avvocati libero foro: ordinanza n. 2298 del 31 gennaio 2020. La Cassazione conferma l’orientamento che ADER non può avvalersi degli avvocati del libero foro. L’Agenzia Delle Entrate Riscossione aveva trionfalmente comunicato la possibilità di avvalersi di avvocati del libero foro alla luce della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 30008 del 19 novembre 2019. Ma subito dopo la Cassazione ha emesso l’ordinanza n. 2298 del 31 gennaio 2020, cercando di fare chiarezza. Ad una attenta lettura, la richiamata sentenza ha affermato i seguenti principi: «impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si avvale: – dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dal richiamato art. 43, comma 4, r.d. cit., – di avvocati del libero foro – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del comma 5 del medesimo art. 1 d.l. 193 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio»; « quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità ». Precisato che il Protocollo d’intesa tra Avvocatura dello Stato e Agenzia delle Entrate-Riscossione, n. 36437 del 5 luglio 2017, prevede, in tema di «Contenzioso afferente l’attività di Riscossione», al punto 3.4.1, che l’Avvocatura assume il patrocinio dell’Ente nelle «liti innanzi alla Corte di Cassazione Civile e Tributaria», e che nella specie non vengono in rilievo «questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici», né è stato dedotto e provato che l’Avvocatura erariale non sia stata disponibile ad assumere il patrocinio, è imprescindibile la dichiarazione di inammissibilità del ricorso dell’ADER. La Suprema Corte, è tornata sull’argomento con la sentenza n. 2298 del 31 gennaio 2020 , “riaprendoo” la questione relativa alla costituzione del Riscossore con Avvocato del Libero Foro. Alla luce dell’ultima pronuncia, quindi, e dopo la Cassazione Sezioni Unite n. 30008 del 19 novembre 2019, è ancora illegittima la costituzione dell’Ex-Equitalia se la convenzione tra Avvocatura e Agenzia delle Entrate-Riscossione prevede la difesa con l’Avvocatura e non vi sono un chiaro impedimento dell’Avvocatura. In buona sostanza la Cass. n. 2298/2020 ha precisato: “ Orbene, precisato che il Protocollo d’intesa tra Avvocatura dello Stato e Agenzia delle Entrate-Riscossione, n. 36437 del 5 luglio 2017, prevede, in tema di <<Contenzioso afferente l’attività di Riscossione>>, al punto 3.4.1, che l’Avvocatura assume il patrocinio dell’Ente nelle <<liti innanzi alla Corte di Cassazione Civile e Tributaria>>, e che nella specie non vengono in rilievo <<questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici>>, né è stato dedotto e provato che l’Avvocatura erariale non sia stata disponibile ad assumere il patrocinio, è imprescindibile la dichiarazione di inammissibilità del ricorso dell’ADER ”. Cass.-n.-2298-del-31-gennaio-2020

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Notifica inesistente se effettuata da poste private.

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Notifica inesistente se effettuata da poste private (Nexive o TNT). Notifica effettuata a mezzo di vettore di posta privata (Nexive o TNT). Ciò posto ricorre nel caso in esame una fattispecie di inesistenza del procedimento notificatorio: all’uomo va in primis rilevato che la resistente non ha allegato, ed ancora meno provato, di essersi affidata per la notifica a Poste Italiane, quale incaricato della spedizione , e che questa si è poi avvalsa sotto la sua responsabilità del servizio postale privato, ma piuttosto di aver provveduto alla spedizione in proprio quale incaricato dell’Agente di Riscossione, così come del resto risulta in atti. Intende, dunque, la Commissione dare seguito all’orientamento già espresso in fattispecie analoga (cfr. Comm. Trib. prov.le Pisa sez. 3 8 novembre 2016, n. 478), infatti, se è pur vero che la giurisprudenza di legittimità (per tutte vedasi Cass., sez. Trib. 6.6.2012, n. 9111) ha a più riprese affermato il principio per cui: “ la notificazione a mezzo posta, è validamente eseguita anche se il plico sia consegnato al destinatario da un’agenzia privata di recapito, qualora il notificante si sia rivolto all’ufficio postale, e l’affidamento del plico all’agenzia privata sia avvenuto per autonoma determinazione dell’Ente Poste, al quale il d. lgs. 22 luglio 1999, n. 261, continua a riservare in via esclusiva gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie, perché in tal caso l’attività di recapito rimane all’interno del rapporto tra l’ente Poste e l’agenzia di recapito, e permane in capo al primo la piena responsabilità per l’espletamento del sevizio ”, tale eccezione alla regola non ricorre nella fattispecie in esame, ove, come già sottolineato, l’agente della riscossione non ha in alcun modo provato di aver richiesto l’invio della a/r per il cad a Poste Italiane, avendo, per contro, versato in atti un elenco della distinta delle raccomandate ar inviate tramite Nexive, e poi, TNT, e relative cartoline, niente allegando circa il rapporto con il fornitore del servizio universale. Ciò posto, è da ribadire che SS.UU. della Suprema Corte (sent. n. 13453 e 13452/17) hanno rimarcato l’esclusiva in capo a Poste Italiane Spa , quale fornitore del servizio postale universale, dei servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta e comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. n. 890/82 e, pertanto, la esclusiva va riferita ad ogni invio a mezzo posta che è utile a perfezionare il procedimento notificatorio; pur avendo la Corte regolatrice (Cass. sez. IV n. 23887/17) precisato l’abolizione di detta esclusiva a mente dell’art. 1, comma 57 lett. b) della L. n. 124/17 opera solo, ed a certe condizioni, a decorrere dal 10.9.2017; ciò a fronte di procedimenti notificatori il cui ultimo(quello relativo alla intimazione di pagamento) risale al gennaio 2017.n. 890/32 vanno annoverate le notificazioni a mezzo posta degli atti tributari processuali e sostanziali (cfr. Cass. n. 19467/16 e precedenti ivi richiamati). La notifica delle cartelle impugnate e, poi, della intimazione di pagamento va, dunque, dichiarata inesistente (Cass. n. 20306/17, n. 13956/17, n,2262/13). Il Giudice di legittimità ha, quindi, costantemente affermato che tra gli atti ex lege n. 890/92 vanno annoverate le notificazioni a mezzo posta degli atti tributari processuali e sostanziali (cfr. Cass. n. 19467/16 e precedenti richiamati). La notifica delle cartelle impugnate e, poi, della intimazione di pagamento va, dunque, dichiarata inesistente (Cass. n. 20306/17, n. 13956/17, n. 2262/13). sentenza Comm. Trib.Prov.le Pisa. Avv. Giovanni Longo

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