Le tipologie di contratti di compravendita immobiliare.
Il contratto di vendita immobiliare può essere: a misura (se nel contratto è indicata con precisione la misura dell’immobile e il prezzo è stabilito in un tanto per ogni unità di misura, art. 1537 c.c.); a corpo (se il prezzo è fissato in modo forfettario con riferimento all’intero immobile, art. 1538 c.c.). La differenza è importante perché, quando la misura effettiva dell’immobile non corrisponde a quella indicata in contratto, i rimedi applicabili (riduzione o supplemento di prezzo; recesso dal contratto) sono diversi nella vendita a misura e in quella a corpo.
Per la vendita di edifici, ai fini della validità del contratto, rileva la regolarità urbanistica della costruzione. A norma dell’art. 46 del D.P.R. n. 380/20011, infatti, gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione, o scioglimento della comunione, di diritti reali, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria: ciò vale solo per edifici o parti di essi la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985. L’art. 40 della L. n. 47/19852, il quale prevede la nullità degli atti inter vivos aventi ad oggetto immobili realizzati – in epoca anteriore – in totale difformità della concessione o in assenza di quest’ultima, non prevede gli atti di scioglimento della comunione i quali, pertanto, non sono soggetti alla detta disciplina. Al fine di poter esercitare l’azione di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. l’indicazione degli estremi del permesso di costruire è chiesta anche nel contratto preliminare di vendita di immobili (Cass. civ. 22 maggio 2008, n. 13225).
Nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto poiché vale ad incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone legittimo godimento e commerciabilità. Il mancato rilascio integra inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene (a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza, salva, ovviamente, la rilevanza in senso contrario del successivo rilascio di detto certificato: Cass. civ. 12 marzo 2014, n. 5778).
E’ ammissibile la vendita di immobile da costruire. Il costruttore, per finanziare il progetto edilizio da iniziare o completare, vende (o più spesso promette in vendita con un contratto preliminare) gli appartamenti non ancora costruiti; e normalmente incassa un acconto. Ma l’operazione può finire male: se il venditore entra in crisi, non completa la costruzione, cessa l’attività e magari fallisce. La Legge delega 210/20043 e il D.Lgs. n. 122/20054 proteggono i compratori contro tali rischi con strumenti di tutela a favore di chi stipula contratti aventi ad oggetto immobili da costruire o in costruzione, tra i quali la prescrizione di una serie di contenuti necessari del contratto. Essa prevede l’obbligo del venditore di garantire con fideiussione bancaria l’eventuale restituzione degli acconti versati; una serie di indicazioni da inserire in contratto per rendere precisi e trasparenti i termini dell’operazione; regole per limitare il rischio che il compratore perda l’immobile a causa di procedimenti di esecuzione forzata promossi dai creditori del venditore.
La giurisprudenza (Cass. civ. 10 marzo 2011, n. 5749) ritiene nullo il contratto preliminare di vendita di un immobile da costruire a causa della mancata indicazione, nel contratto stesso, degli estremi del titolo che abilita a costruire o della sua richiesta, in violazione del D.Lgs. n. 122/2005: sono da ritenersi immobili da costruire, in base a tale normativa, tutti quegli immobili che si trovano in uno stadio di costruzione che si colloca tra i seguenti due momenti temporali della fase progettuale-edificatoria. Dal lato iniziale, dopo l’avvenuta richiesta del permesso di costruire o l’avvenuta presentazione della denuncia di inizio attività; dal lato finale, prima del completamento delle finiture e della conseguente richiesta del certificato di agibilità. Il riferimento alla presentazione del permesso di costruire come elemento iniziale del predetto arco temporale esclude dall’ambito di applicazione della disciplina di tutela il contratto preliminare avente ad oggetto edifici esistenti soltanto “sulla carta”, ossia già allo stato di progetto ma per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o un titolo equipollente.
Nel rapporto tra venditore e acquirente – salvo diversa convenzione tra le parti – è operante il principio della personalità delle obbligazioni: l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino. Se, in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva di tali obbligazioni, sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni sorte in epoca anteriore, questi ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa.
In giurisprudenza, si è posto il problema riguardante la vendita di un’unità immobiliare situata in un condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di manutenzione o di ristrutturazione. Ci si è chiesto chi sia tenuto, tra alienante ed acquirente, a sopportare le relative spese in mancanza di accordo fra le parti e quale sia il momento in cui sorge la relativa obbligazione.
Per i giudici la soluzione è legata alla diversa origine della spesa alla quale il condomino deve contribuire. In presenza di opere di manutenzione straordinaria e di innovazioni, le quali debbono essere preventivamente determinate dall’assemblea, la delibera condominiale che dispone l’esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. In tal caso, l’obbligo di contribuire alle spese discende non dall’esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore nel quadro dell’appostazione di somme contenute nel bilancio preventivo, ma, direttamente, dalla delibera dell’assemblea.
In caso di vendita di un’unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione o innovazioni, in mancanza di accordo tra le parti, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente è tenuto a sopportarne i relativi costi chi era proprietario al momento della delibera dell’assemblea; ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento dell’unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che tali opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto a rivalersi, nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio.
Qualora l’approvazione della delibera di esecuzione dei lavori di straordinaria manutenzione sopravvenga soltanto successivamente alla stipula della vendita, l’obbligo del pagamento delle relative quote condominiali incombe sull’acquirente, non rilevando l’esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria adottata anteriormente a tale stipula.
Dobbiamo innanzitutto fare un distinguo tra “oggetto” e “soggetto” di un contratto di compravendita. Vediamoli nel dettaglio.
Oltre alle persone fisiche, possono cedere o acquistare anche le persone giuridiche nei cui confronti è caduta la disposizione dell’art. 17 c.c. che prevedeva la necessità dell’autorizzazione governativa, per effetto dell’art. 13 della L. n. 127/19971. Stesso discorso per le organizzazioni di volontariato prive di personalità giuridica. Anche le associazioni non riconosciute possono rendersi acquirenti di beni immobili dopo la modifica dell’art. 2659 c.c. introdotta con la L. n. 52/19852.
Per oggetto della vendita s’intende tanto il diritto trasferito quanto, indifferentemente, la cosa su cui cade tale diritto. L’oggetto deve essere determinato o almeno determinabile, occorrendo dunque l’indicazione precisa sia del diritto sia della cosa, o dei criteri di identificazione della stessa (Cass. civ. 25 marzo 1987, n. 2891).
Nella compravendita dei beni immobili l’indicazione del bene alienato deve essere effettuata in base alla descrizione obiettiva ed alle indicazioni topografico-catastali e non già secondo riferimenti soggettivi o situazioni di mero fatto (Cass. civ. 26 aprile 2010, n. 9896; Cass. civ. 29 maggio 2007, n. 12506). Nel caso di vendita di una porzione di terreno, il requisito della determinabilità deve ritenersi sussistente qualora il contratto indichi non soltanto la misura esatta della superficie venduta, da distaccarsi dalla porzione maggiore appartenente al venditore, ma ad un tempo specifichi dati oggettivi idonei a non lasciare margini di dubbio sull’identità del terreno venduto (Cass. civ. 10 luglio 2014, n. 15843).
L’oggetto della vendita, oltre che determinato o determinabile, deve essere possibile e lecito (art. 1346 c.c.). Nel requisito della possibilità si comprende sia l’alienabilità del diritto sia la commerciabilità della cosa o del bene: nel senso che la cosa o il diritto alienati non devono appartenere, a pena di nullità del contratto, a quella categoria di beni e diritti che il codice civile o leggi speciali definiscono espressamente (Cass. civ. 15 gennaio 2000, n. 409) incommerciabili o inalienabili: ad esempio, edifici abusivi o non perfettamente condonati o privi del previsto diritto di parcheggio.
Il prezzo è il corrispettivo in denaro – l’obbligazione principale del compratore – che il compratore deve al venditore per la cosa o il diritto che questo gli ha alienato. E’ fissato d’accordo fra le parti, ma può accadere che nel contratto il prezzo risulti non determinato, né determinabile in base ai criteri stabiliti dalle parti. In tal caso, il prezzo applicabile è quello che risulta da una serie di criteri legali, indicati dall’art. 1474 c.c., con riferimento ad alcune categorie di beni. Il prezzo va pagato nel tempo e nel luogo fissati dal contratto (art. 1498 c.c.). Se il contratto non prevede nulla, il prezzo va pagato al momento della consegna e nel luogo di questa.
Il prezzo di compravendita deve ritenersi inesistente, con conseguente nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale (art. 1418 c.c.), non nell’ipotesi di una pattuizione di prezzo tenue, vile ed irrisorio, ma quando risulti concordato un prezzo obiettivamente non serio, o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente e simbolico, o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato. Non incide sulla validità del contratto la circostanza che il prezzo, pur in origine seriamente pattuito, non sia stato poi in concreto pagato (Cass. civ. 28 agosto 1993, n. 9144).
Solo
l’omessa indicazione del prezzo o la sua indeterminabilità comportano
nullità del contratto risolvendosi nella mancanza di uno dei requisiti
essenziali dello stesso, mentre l’omesso pagamento del prezzo pattuito
può dar luogo soltanto alla sua risoluzione (Cass. civ. 14 dicembre
1988, n. 6816).
Il prezzo può essere determinato o anche solo
determinabile in base a criteri convenzionali o legali, la cui
indicazione, quando si tratta di vendita di immobili, deve risultare dal
documento, essendo in tal caso la forma scritta richiesta ad
substantiam1 dalla legge (Cass. civ. 23 gennaio 1988, n. 523) e non
possono operare i criteri legali suppletivi e integrativi ex art. 1474
c.c.
La legge pone a carico del venditore tre obblighi principali (art. 1476 c.c.):
a) consegnare la cosa al compratore; la legge specifica in particolare: modalità di consegna e luogo della consegna;
b) far acquistare la proprietà al compratore, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto;
c) prestare al compratore la garanzia per i vizi della cosa (art. 1492 ss. c.c.) e per l’evizione (art. 1481 ss. c.c.).
A differenza dei beni mobili, per la vendita o promessa di vendita di beni immobili è prevista la forma scritta a pena di nullità: atto pubblico o scrittura privata (artt. 1350, n. 1, e 1351 c.c.). Anche le modifiche relative all’identità dell’immobile, concordate tra le parti successivamente alla stipulazione del contratto, preliminare o definitivo, devono avvenire in forma scritta (Cass. civ. 25 marzo 1987, n. 2891).
In tema di compravendita immobiliare, ai fini della configurabilità dell’atto scritto richiesto ad substantiam per la validità del negozio, occorre che in esso risulti inequivocabilmente la manifestazione specifica della volontà di concludere il suddetto contratto, non potendosi ricorrere ad elementi esterni all’atto scritto per accertare l’esistenza di tale volontà (Cass. civ. 16 settembre 2014, n. 19488). Il contratto privo della forma richiesta ad substantiam è nullo e non può essere sanato (Cass. civ. 3 gennaio 2001, n. 59).
Le compravendite immobiliari si articolano generalmente in tre distinte fasi:
• le trattative precontrattuali;
• la sottoscrizione del contratto preliminare;
• la stipulazione del contratto definitivo.
Durante le varie fasi le parti devono comportarsi secondo correttezza. L’art. 1337 c.c., nel sancire il dovere di comportarsi secondo buona fede, prevede una responsabilità a carico della parte che venga meno a tale dovere, per i danni che ne derivano all’altra parte. Tale responsabilità sussiste sia nel caso in cui le trattative si concludano con la stipulazione del contratto sia nel caso in cui vengano interrotte.
L’obbligo di buona fede va inteso in senso oggettivo: è sufficiente, pertanto, un qualunque comportamento, anche meramente colposo, che conduca all’interruzione delle trattative, eludendo le aspettative della controparte che abbia sostenuto spese o rinunciato a occasioni più favorevoli.
ATTI PREPARATORI
• Libertà delle parti di determinarne forma e contenuto:
◦ meri fatti (contatti telefonici, gli incontri, le visite e i sopralluoghi);
◦ atti (lettera di intenti).
• Manifestazioni di interesse, senza alcuna efficacia vincolante:
◦
opportuno inserire nelle comunicazioni scambiate tra le parti clausole
che esprimano i limiti delle proposte eventualmente formulate.
• Piena facoltà delle parti di verificare la propria convenienza alla stipulazione del contratto stesso.
Le compravendite immobiliari si perfezionano al termine di un iter, caratterizzato da una fase precontrattuale durante la quale le parti, acquirente e venditore. Pongono in essere diversi atti (preparatori) alla conclusione del contratto. Si tratta di atti propedeutici e prodromici alla stipulazione del contratto definitivo di compravendita, ciascuno dei quali produce effetti giuridici. Sono atti negoziali coordinati e finalizzati al conseguimento dello stesso obiettivo: la stipulazione del contratto definitivo di compravendita, ossia il trasferimento della proprietà (o di altro diritto reale) a fronte di un corrispettivo.
È assai raro che l’acquisto di un’unità immobiliare si concluda istantaneamente con l’accordo di venditore e acquirente e la contestuale stipula dell’atto di trasferimento; nella prassi le compravendite immobiliari si realizzano per lo più in tre distinte fasi:
• le trattative precontrattuali;
• la sottoscrizione del contratto preliminare;
• la stipulazione del contratto definitivo.
Per
quanto attiene alla forma e al contenuto di tali atti prodromici, le
parti sono libere di determinarne la forma e il contenuto: alcuni
consistono in meri fatti, quali i contatti telefonici, gli incontri, le
visite e i sopralluoghi, altri si concretano in atti come nell’ipotesi
di lettera di intenti.
In ogni caso, tali manifestazioni di volontà
possono considerarsi manifestazioni di interesse, senza alcuna efficacia
vincolante.
Al fine di evitare che insorga confusione tra intese precontrattuali e contratto preliminare è comunque opportuno che nella fase che precede la stipulazione del contratto siano chiaramente fornite tutte le informazioni e precisati i termini delle trattative stesse; è essenziale che nelle scritture sottoscritte e scambiate tra le parti, lettera di intenti o comunicazione con cui il potenziale acquirente manifesta al venditore un interesse all’affare, siano chiaramente evidenziati i limiti delle proposte eventualmente formulate, prevedendo clausole che riconoscano senza ombra di dubbio che quanto espresso nella lettera di intenti o nella manifestazione di interesse non ha efficacia vincolante.
Nella fase antecedente la conclusione del contratto le parti hanno piena facoltà di verificare la propria convenienza alla stipulazione del contratto stesso, e sono perciò libere di recedere indipendentemente dall’estrinsecazione di un giustificato motivo, sempre che sia rispettato il dovere di buona fede e, quindi, purché venga mantenuta informata la controparte circa la possibilità di conclusione del contratto e non venga omessa la comunicazione in ordine a circostanze significative rispetto alla economia del contratto medesimo (Cass. civ., 19 novembre 1994, n. 9802).
Tuttavia, sebbene le trattative non facciano sorgere obbligazioni di natura contrattuale tra le parti, neppure l’obbligo di concludere il contratto, in caso di recesso dalle trattative può verificarsi un’ipotesi di responsabilità precontrattuale ogni qualvolta il comportamento di una parte abbia ingenerato nell’altra un affidamento, nella conclusione del contratto. D’altro canto, chi inizia le trattative non è solo per questo obbligato a condurle a termine o a non interromperle, né è tenuto a giustificare il suo comportamento, salvo che, in presenza di determinate circostanze soggettive ed oggettive, non si possa ravvisare nella sua condotta un comportamento sostanzialmente illecito perché contrario al generale precetto del neminem laedere.
l legislatore si accontenta della mera scrittura privata. Invece, è estremamente opportuno e preferibile che l’atto notarile di compravendita sia redatto e stipulato in forma di atto pubblico Gli atti notarili possono essere atti pubblici o scritture private autenticate. L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 c.c.). La scrittura privata impegna solo colui che la sottoscrive e nessun altro.
Gli
atti pubblici di compravendita devono essere registrati e trascritti:
non accettate mai di registrare il contratto senza farlo trascrivere
presso la competente (per territorio) Conservatoria dei Registri
Immobiliari. Solo la trascrizione assolve all’effetto traslativo della
proprietà. La trascrizione viene effettuata mediante la presentazione di
una nota, nella quale vengono indicati gli estremi relativi all’atto
immobiliare, precisando che esso ha luogo contro il soggetto che aliena
il diritto di proprietà e a favore della parte acquirente.
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