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Avvocato Ruggiero Gorgoglione a Milano

Ruggiero Gorgoglione

Avvocato Diritto Immobiliare - Condominiale

Informazioni generali

L'Avv. Gorgoglione è un avvocato civilista che opera prevalentemente nel settore immobiliare (diritto condominiale, contrattualistica immobiliare, locazioni, risarcimento danni), occupandosi inoltre di diritto commerciale (appalto, recupero crediti, procedure esecutive, contrattualistica commerciale). Si laurea a pieni voti presso l'Università degli Studi di Foggia e consegue un master in “Risanamento e crisi di impresa” organizzato dal Sole 24 ore. Nel 2019 ha scritto il libro “Dalla crisi di impresa al fallimento" pubblicato dalla Editrice Admaiora. E' co-fondatore con l'Avv. Walter Massara del team WR Milano Avvocati.

Esperienza


Diritto civile

Mi occupo di contenzioso civile a tutto tondo, approfondendo costantemente la materia. In particolare mi occupo di tutte le problematiche attinenti alla proprietà e ai diritti reali di godimento, nonchè della contrattualistica civile e commerciale.


Diritto immobiliare

Mi occupo degli aspetti civilistici del diritto immobiliare. Ho seguito operazioni immobiliari di compravendita di immobili gravati da ipoteche e pignoramenti, nonché contenzioso di scioglimento della comunione ordinaria ed ereditaria. Mi sono occupato inoltre di azioni possessorie e petitorie, anche finalizzate all'accertamento dell'usucapione della proprietà.


Diritto condominiale

Mi occupo costantemente di problematiche che investono il Condominio, prestando assistenza in favore: dei Condomini, degli amministratori e dei singoli condomini. Mi occupo sia di problematiche legate all'impugnazione di delibere assembleari, sia di contenzioso relativo all'utilizzo di parti comuni (es: decoro architettonico, immissioni), nonché di questioni relative al rispetto del regolamento condominiale. Mi occupo, inoltre, di problematiche che coinvolgono la figura dell'amministratore (es: recupero del credito e delle anticipazioni, revoca e nomina anche giudiziale dell'amministratore).


Altre categorie

Locazioni, Sfratto, Pignoramento, Contratti, Malasanità e responsabilità medica, Recupero crediti, Fallimento e proc. concorsuali, Aste giudiziarie, Eredità e successioni, Diritto commerciale e societario, Diritto del lavoro, Mobbing, Licenziamento, Edilizia ed urbanistica, Diritto dei trasporti terrestri, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Diritto aeronautico, Privacy e GDPR, Mediazione, Negoziazione assistita, Domiciliazioni, Risarcimento danni.



Credenziali

Pubblicazione legale

Superbonus 110% lesione della proprieta’ per restringimento del balcone: nullità della delibera

Pubblicato su IUSTLAB

Come noto, gli attuali interventi normativi in tema di Superbonus prevedono forme incentivanti per il rifacimento delle facciate condominiali con abbattimento di almeno due classi energetiche. Al contempo, il Decreto Rilancio 34/2020 (convertito in L. 77/2020) ha previsto all’art. 119 comma 9 bis dei quorum deliberativi ridotti, prevedendo che gli interventi in tema di Superbonus richiedano la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio Detto ciò, ci si interroga sui requisiti di validità di una delibera che preveda la realizzazione di un cappotto termico con riduzione del piano di calpestio dei balconi. Preliminarmente è opportuno osservare che i balconi sono di proprietà privata dei singoli condomini (in tal senso Cassazione 14576/2004, 13509/2012, 7042/2020), fanno eccezione solo alcune componenti dei balconi (come ad esempio i frontalini). Per cui la delibera di lavori che comporti la riduzione della superficie calpestabile del balcone incide sulla proprietà privata. Da qui il primo limite all’approvazione dei lavori di rifacimento della facciata. Infatti, sebbene il Decreto Rilancio abbia previsto dei quorum deliberativi ridotti, si ritiene che ciò non consenta all’assemblea di deliberare opere lesive della proprietà privata. Infatti, le delibere assembleari lesive della proprietà privata sono viziate per “ eccesso di potere ” essendo in contrasto con l’art. 1135 c.c., in quanto l’assemblea condominiale eccede i propri poteri interferendo con la proprietà delle singole unità immobiliari. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che: “ in tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive ,” (Corte di cassazione civile, sez. II, 20 marzo 2015 n. 5657, nello stesso senso Cass. civ., Sez. II, Sent., 08/07/2020, n. 14300); ed ancora (Cass. 27.8.1991, n. 9157) “non è consentito alla maggioranza dei condomini deliberare una diversa collocazione delle tubazioni comuni dell'impianto di riscaldamento in un locale di proprietà esclusiva, con pregiudizio di tale proprietà, senza il consenso del proprietario de/locale stesso ; cfr., altresì, Cass. 14.12.2007, n. 26468, secondo cui, “ in tema di condominio, i poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini) ” (quest’ultimo richiamo giurisprudenziale sebbene relativo ad un caso differente è basato sulla medesima ratio). Da ciò ne discende che per deliberare lavori che prevedono la riduzione della superficie dei balconi, essendo questi di proprietà privata, è necessario il consenso dei singoli proprietari. Tale consenso ad avviso dello scrivente potrebbe essere dedotto anche dalla votazione da parte del singolo a favore dell’intervento, per cui è comunque opportuno evidenziare il voto contrario in sede assembleare. La delibera adottata in contrasto con la volontà di alcuni proprietari e che al contempo preveda lavori nella loro proprietà lesivi della stessa (perché ad esempio come nel caso in esame prevede la riduzione della superficie di calpestio), secondo la giurisprudenza è quindi da considerarsi nulla (in tal senso Cass. Sez. Unite 4806/2005, Cass 7042/2020). Le delibere nulle, rispetto a quelle annullabili possono essere impugnate anche dopo il decorso del termine di 30 giorni (termine di decadenza fissato per contestare le delibere annullabili e decorrente dall’assemblea per i presenti, dalla ricezione del verbale per gli assenti). In ogni caso è sempre opportuno attivarsi entro il suddetto termine di 30 giorni, affinché possano essere sollevati anche eventuali profili di annullabilità (concorrenti) della medesima delibera entro il termine di decadenza suindicato, il tutto anche al fine di arginare il rischio che un diverso orientamento giurisprudenziale possa ritenere la delibera “ annullabile ” (e non “ nulla ”) con conseguente applicazione del termine perentorio di 30 giorni. In conformità con tutto quanto sopra riportato si è espresso il Tribunale di Roma, con la menzionata sentenza n. 17997/2020 con la quale ha affermato che la delibera che prevede la realizzazione del cappotto con riduzione del piano di calpestio comporta una “ lesione del loro diritto di proprietà andando ad incidere sulla riduzione della superficie utile (piano di calpestio dei balconi) ”, per effetto il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità della stessa. E’ stata dappoi esaminata dai giuristi che operano nel settore immobiliare l’ordinanza emessa in fase cautelare dal Tribunale di Milano in data 13.8.2021 nella procedura n. RG 30842/2021. Innanzitutto, è opportuno evidenziare preliminarmente che l’ordinanza in esame è stata emessa in una fase cautelare (come evidenziato nel testo della stessa ordinanza), finalizzata solo alla sospensione della delibera adottata; la fase sommaria per sua natura non comprende un’accurata fase istruttoria (ad esempio non vi è stata una consulenza tecnica d’ufficio) e non può escludere che la decisione di merito sulla validità della delibera possa essere di esito diverso. Nella fase cautelare, infatti, vero che il giudice valuta il fumus della domanda (inteso come verosimile fondatezza della stessa) ma fa ciò in modo sommario sulla base degli elementi già in suo possesso senza perciò svolgere una fase istruttoria approfondita. Le argomentazioni adottate dal Tribunale di Milano non sono in ogni caso condivisibili, in quanto lo stesso, nel corso della valutazione approssimativa che è propria della fase cautelare, ha ritenuto legittimo un sacrificio della proprietà privata a fronte dell’adeguato uso della cosa comune. Il Tribunale richiama in punto la sentenza della Cassazione n. 7242/2020 che tuttavia è del tutto inconferente rispetto al caso sottoposto all’attenzione del Tribunale meneghino. Tale sentenza infatti richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale in virtù del quale “ l’assemblea condominiale non può infatti validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà esclusiva , salvo che non si riflettano sull’adeguato uso delle cose comuni : perciò, nel caso di lavori di manutenzione di balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti che vi accedono, viene ritenuta nulla la deliberazione che disponga, appunto, in ordine al rifacimento della relativa pavimentazione ”. Tale sentenza della Cassazione non approfondisce affatto il concetto di “ adeguato uso delle cose comuni ” che invece è stato affrontato nei precedenti a sua volta richiamati. Ricostruendo quindi a ritroso i precedenti richiamati dalla Corte, il concetto di “ adeguato uso delle cose comuni” è stato approfondito dalla Cassazione solo con la sentenza n. 7603/1994. In tale provvedimento la Suprema Corte non afferma affatto che la proprietà privata possa essere sacrificata “sull’altare” dell’adeguato uso delle cose comuni, bensì che, sebbene i balconi siano di proprietà privata essendo invece i frontalini e gli elementi decorativi elementi comuni che attengono alla facciata su questi è legittimo che possa decidere l’assemblea. La sentenza n. 7603/1994 afferma infatti che: “ È infatti indiscutibile che l'assemblea condominiale non può assumere decisioni che invadano il campo dei singoli condòmini, nell'ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, a meno che non si tratti di questioni che possano riflettersi sull'adeguato uso delle cose comuni. Tuttavia, se i balconi - che appartengono in modo esclusivo al proprietario dell'appartamento di cui fanno parte - presentano nella facciata esterna elementi decorativi, o anche semplicemente cromatici, che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, in caso di lavori di restauro o di manutenzione straordinaria della facciata decisi con la prescritta maggioranza, legittimamente viene incluso nei lavori comuni il contemporaneo rifacimento della facciata esterna dei balconi, perché il decoro estetico dell'edificio condominiale è un bene comune , della cui tutela è competente l'assemblea dei soci. ” Per cui una corretta lettura degli orientamenti precedenti all’ordinanza del Tribunale di Milano non fa che confermare l’interpretazione fino ad oggi fornita dalla Giurisprudenza, ovvero che: - il Condominio non può legittimamente assumere decisioni lesive della proprietà privata (si veda Cass 4806/2005, 7242/2020, 6652/2017); - può assumere invece decisioni che attengono ad aspetti decorativi come ad esempio i frontalini (si veda Cass. 7603/1994); Per completezza espositiva è opportuno osservare che la summenzionata ordinanza è stata reclamata (nel procedimento n. R.G.35338/2021), e il Collegio ha del tutto “ribaltato” le conclusioni a cui era giunto il Tribunale; tuttavia, la questione relativa alla lesione della proprietà privata non è stata trattata in sede di reclamo, in quanto nelle more il Condominio è tornato sui propri passi e ha deliberato una diversa modalità di realizzazione dei lavori non più lesiva della proprietà e della superficie dei balconi. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati

Pubblicazione legale

SUPERBONUS 110%: illegittima la delibera se la facciata lede il decoro architettonico e non è adottata all’unanimità

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In tema di Superbonus ci si interroga sulla legittimità della delibera di rifacimento della facciata qualora si preveda una modifica dell’estetica complessiva dell’edificio (ad esempio modificando i materiali che lo rivestono, i colori o le linee) ovvero la realizzazione di un cappotto termico “ a macchia di leopardo ” (per non violare la proprietà privata, escludendo ad esempio il cappotto in corrispondenza dei condomini dissenzienti). La valutazione della legittimità della delibera di rifacimento delle facciate, parte da principi di ampia portata, applicabili quindi a ogni intervento idoneo ad alterare il decoro architettonico. E’ opportuno partire quindi dal concetto di decoro architettonico, definito in giurisprudenza come l’insieme armonico delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali. In punto si richiama il consolidato orientamento della Suprema Corte, la quale con la sentenza n. 1286 del 2010 ha chiarito appunto che, per decoro architettonico, si intende la “ estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia” e che ”va valutato, ai sensi dell’art. 1120, 2º comma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo anche interessare singoli punti del fabbricato purché l’immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull’intero stabile) e non rispetto all’impatto con l’ambiente circostante ” (così anche Cass. civ., sez. II, 29-01-2016, n. 1718). Costantemente quindi la giurisprudenza ritiene meritevole di tutela il decoro architettonico degli edifici condominiali anche ove gli stessi siano caratterizzati da linee semplici. Tale tutela trova il suo fondamento nell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c. il quale, nell’individuare le limitazioni alle innovazioni, espressamente vieta quelle che alterino il decoro architettonico dell’edificio. In tema, la Suprema Corte ha affermato che: “ Per «decoro architettonico del fabbricato», ai fini della tutela prevista dall’art. 1120 c.c., deve intendersi l’estetica dell’edificio costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico; conseguentemente, non è possibile escludere a priori un’alterazione del decoro architettonico per il solo fatto che la realizzazione di una veranda su di una terrazza a livello interessi un appartamento posto non sulla facciata principale, bensì su quella interna, dell’edificio condominiale ” (Cass. civ., sez. II, 29-01-2016, n. 1718). In linea con quanto sopra gli ermellini, con statuizione particolarmente sensibile al problema, ebbero ad affermare che “ Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio ” (Cass. civ., sez. II, 11-05-2011, n. 10350). Si ritiene quindi che la delibera che va ad “ alterare ” il decoro, possa essere adottata solo con il consenso unanime di tutti i condomini, ragion per cui la delibera non unanime sarà annullabile (nel termine di decadenza di 30 giorni) in quanto assunta in mancanza delle maggioranze necessarie (in tal senso Cass. 4806/2005 , Tribunale civile Milano, 30 novembre 2016). Sullo specifico tema del Superbonus si è anche espresso in tempi recenti il Collegio Tribunale di Milano, il quale con provvedimento del 30.9.2021 (nella procedura di reclamo avverso un precedente provvedimento cautelare del 13.8.2021) ha ritenuto che la modifica della facciata per la realizzazione dei lavori del cd. Superbonus possa essere lesiva del decoro. In particolare, il Collegio ha affermato che per la violazione del decoro architettonico sia “ sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e si gnificativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (per Cass. 1076/05 e Cass. 14455/09, l’alterazione del decoro è integrata … da qualunque intervento che alteri in modo visibile e signi ficativo la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono all’edificio una propria specifica identità) ”, fatta tale doverosa premessa il Collegio ha ritenuto che la realizzazione del Cappotto termico con modifica dei materiali che compongono la facciate e della gamma cromatica della stessa comporti un’alterazione lesiva del decoro. Si ritiene quindi che per la modifica dell’estetica dell’edificio anche in tema di Superbonus sia necessaria la decisione all’unanimità, in difetto la delibera sarà viziata e quindi annullabile. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati

Pubblicazione legale

SUPERBONUS 110%: illegittima la delibera di realizzazione di impianti di acqua calda sanitaria in luogo di quelli autonomi se non è adottata all’unanimità

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In tema di Superbonus ci si interroga sulla legittimità della delibera adottata con la maggioranza prevista dal Decreto Rilancio in materia di Superbonus per la realizzazione di un impianto centralizzato di acqua calda in un edificio in cui sono già presenti impianti autonomi. Si ritiene innanzitutto che un’opera centralizzata in luogo di quella privata sia anch’essa lesiva della proprietà privata, richiedendo quindi il consenso espresso del singolo proprietario, per cui ad avviso dello scrivente non si potrà imporre al singolo proprietario la rimozione del proprio impianto. Sull’illegittimità della delibera di realizzazione di impianti di acqua calda centralizzata in luogo di quelli autonomi si è altresì espresso il Tribunale di Milano (ordinanza Collegiale del 30.9.2021 R.G. 35338/2021) ritenendo che, qualora la spesa per l’impianto sia da dividersi tra tutti i condomini (per cui l’impianto sarà di proprietà di tutti), considerato che l’installazione centralizzata interessa le parti comuni, ciò comporterebbe di fatto la costituzione di un diritto reale sul fondo comune, per cui è necessario il consenso unanime di tutti i condomini ai sensi dell’art. 1108 III co. c.c. Da ciò ne discende che la delibera adottata in merito senza il consenso di tutti i condomini è illegittima. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati

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