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Avvocato Stefano Brustia a Roma

Stefano Brustia

"Avvocato di diritto commerciale", "Avvocato franchising", "Avvocato dello sport"

Informazioni generali

L'avvocato Brustia si è laureato con pieni voti presso l'Università degli Studi di Pavia nel 2000. È iscritto all'Albo degli Avvocati di Roma dal 2004. Opera prevalentemente nell'ambito del diritto commerciale, immobiliare e del diritto dello sport. Ha inoltre maturato una significativa esperienza nel settore degli arbitrati, assistendo come avvocato clienti italiani e stranieri in procedimenti arbitrali internazionali (ICC, TAS e CAM).

Esperienza


Contratti

Ho una consolidata esperienza nella redazione, negoziazione ed anche revisione di contratti di distribuzione, franchising e agenzia.


Franchising

In ambito giudiziale, fornisco soprattutto assistenza a ex franchisee; in ambito stragiudiziale, ho pure curato la predisposizione di contratti di affiliazione commerciale per imprese operanti nei settori della ristorazione, abbigliamento ed intermediazione immobiliare.


Diritto immobiliare

Fornisco assistenza e consulenza legale a privati e/o imprese su questioni relative all'ambito immobiliare. In questo specifico settore, nel corso dell'ultimo anno, sono stato coinvolto soprattutto nel contenzioso legato ai c.d. bonus edilizi sto assistendo assistendo soprattutto privati e condomini nelle dispute contro "general contractor", imprese edili e professionisti che non hanno correttamente adempiuto agli impegni contrattuali da loro assunti verso la committenza.


Altre categorie

Diritto dello sport, Antitrust e concorrenza sleale, Marchi, Arbitrato, Incidenti stradali, Tutela del consumatore, Diritto civile, Diritto di famiglia, Eredità e successioni, Separazione, Divorzio, Diritto commerciale e societario, Proprietà intellettuale, Recupero crediti, Diritto internazionale ed europeo, Diritto condominiale, Locazioni, Sfratto, Malasanità e responsabilità medica, Diritto ambientale, Arte e beni culturali, Industria dell'intrattenimento, Diritto dell'informatica, Risarcimento danni.



Credenziali

Pubblicazione legale

La qualificazione dei contratti relativi ai negozi dei centri commerciali: Affitto di ramo d'azienda o locazione?

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Introduzione Con la sentenza n. 3888 del 17 febbraio 2020 la Corte di Cassazione ha affrontato una questione di grande importanza pratica, ossia la distinzione tra il contratto di affitto di ramo d'azienda e il contratto di locazione di immobile ad uso commerciale, con particolare riferimento ai locali situati all'interno dei centri commerciali. La corretta qualificazione di tali contratti è cruciale, poiché determina l'applicazione delle norme imperative poste a tutela del conduttore, come quelle previste dalla legge n. 392 del 1978. I criteri stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 3888/2020 L a Corte di Cassazione ha chiarito che la qualificazione di un contratto come affitto di ramo d'azienda o locazione di immobile ad uso commerciale non può basarsi esclusivamente sul nomen iuris attribuito dalle parti, ma deve essere effettuata in base alla sostanza del rapporto contrattuale. In particolare, la Corte ha individuato due criteri fondamentali per distinguere le due fattispecie: L'organizzazione preesistente : Perché si possa parlare di affitto di ramo d'azienda, è necessario che il complesso di beni oggetto del contratto sia già organizzato e idoneo a costituire un'azienda o un ramo di essa. In altre parole, deve esistere una struttura organizzativa preesistente che consenta l'esercizio immediato di un'attività economica. Se tale organizzazione manca, non si può parlare di affitto di ramo d'azienda, ma di locazione di immobile. La centralità dell'immobile : Nel caso in cui l'immobile oggetto del contratto rivesta un ruolo centrale e gli eventuali beni accessori (come attrezzature o licenze) siano strumentali all'utilizzo dell'immobile stesso, il contratto deve essere qualificato come locazione di immobile ad uso commerciale. Questo criterio è particolarmente rilevante nei centri commerciali, dove spesso i contratti vengono qualificati come affitti di ramo d'azienda, ma in realtà riguardano principalmente l'utilizzo di un immobile. La prevalenza dell'elemento immobiliare Un aspetto cruciale della sentenza è la prevalenza dell'elemento immobiliare. La Corte ha sottolineato che, se l'immobile è lo stato grezzo o privo delle attrezzature necessarie per l'esercizio di un'attività economica, non può configurarsi un affitto di ramo d'azienda. In tali casi, il contratto deve essere qualificato come locazione di immobile ad uso commerciale, soggetto alle norme imperative della legge n. 392 del 1978. Un esempio concreto di questa applicazione è stato fornito dalla Corte in relazione a un caso in cui il locale oggetto del contratto era privo di attrezzature e autorizzazioni amministrative necessarie per l'esercizio di un'attività commerciale. In tale contesto, la Corte ha ritenuto che non fosse possibile configurare un complesso organizzato di beni e, di conseguenza, ha qualificato il contratto come locazione di immobile. Le conseguenze della qualificazione del contratto La qualificazione del contratto come locazione di immobile ad uso commerciale comporta l'applicazione delle norme imperative della legge n. 392 del 1978, che prevede una serie di tutele a favore del conduttore. Tra queste, le più rilevanti sono: - Durata minima del contratto : La legge n. 392/1978 stabilisce che i contratti di locazione commerciale devono avere una durata minima di sei anni, rinnovabili per altri sei anni, salvo specifiche eccezioni. - Diritto di prelazione : Il conduttore ha il diritto di prelazione in caso di vendita dell'immobile locato. - Indennità per la perdita dell'avviamento commerciale : Al termine del contratto, il conduttore ha diritto a un'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, qualora l'attività svolta nell'immobile abbia creato un valore aggiunto. Al contrario, se il contratto viene qualificato come affitto di ramo d'azienda, tali tutele non si applicano, poiché l'oggetto del contratto non è un immobile, ma un complesso organizzato di beni destinati all'esercizio di un'attività economica. Conclusione La sentenza n. 3888/2020 della Corte di Cassazione ha fornito criteri chiari per distinguere tra affitto di ramo d'azienda e locazione di immobile ad uso commerciale, con particolare riferimento ai locali dei centri commerciali. La qualificazione dipende dalla presenza o meno di un complesso organizzato di beni idonei a costituire un'azienda. Se l'elemento prevalente è l'immobile e i beni accessori sono strumentali al suo utilizzo, il contratto deve essere qualificato come locazione di immobile, con conseguente applicazione delle tutele previste dalla legge n. 392 del 1978. Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale.

Pubblicazione legale

L'obbligo di esclusiva nei contratti di franchising: natura e implicazioni

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L'obbligo di esclusiva nei contratti di franchising: natura e implicazioni Stefano Brustia - Avvocato del foro di Roma Introduzione Il contratto di franchising è uno strumento giuridico che regola il rapporto tra due soggetti indipendenti: il franchisor (affiliante) e il franchisee (affiliato). Tra le clausole più rilevanti che possono essere inserite in questo tipo di contratto vi è l'obbligo di esclusiva. Tale clausola ha un impatto significativo sullo sviluppo dell'attività commerciale del franchisee e sulla gestione della rete da parte del franchisor. Vediamo di seguito in cosa consiste l'obbligo di esclusiva e quali sono le sue implicazioni per entrambe le parti. La natura dell'obbligo di esclusiva L'obbligo di esclusiva è una clausola contrattuale che può essere inserita nel contratto di franchising e che vincola il franchisor a non concludere accordi con altri affiliati o a non aprire punti vendita propri all'interno di una determinata area geografica e per un certo periodo di tempo. Questo meccanismo consente al franchisee di operare senza subire la concorrenza diretta di altri soggetti che utilizzano lo stesso marchio nella stessa zona. È importante notare che l'esclusiva non è un elemento naturale del contratto di franchising. Ciò significa che essa non si applica automaticamente, ma deve essere espressamente prevista dalle parti nel contratto. La zona di esclusiva può essere definita in modi diversi, a seconda delle esigenze delle parti e delle caratteristiche del mercato di riferimento. L'accordo sull'esclusiva rappresenta un incentivo per il franchisee, che può così sviluppare la propria attività in un ambiente protetto dalla concorrenza interna. Le implicazioni per il franchisor e il franchisee L'obbligo di esclusiva ha diverse implicazioni per entrambe le parti del contratto. Per il franchisee, l'esclusiva rappresenta una garanzia di protezione contro la concorrenza interna. Grazie a questa clausola, l'affiliato può operare in una determinata area senza temere che altri affiliati o lo stesso franchisor possano sottrargli clientela. Questo consente al franchisee di concentrarsi sullo sviluppo del proprio business, investendo risorse e tempo nella promozione del marchio e nell'espansione della propria attività, con la certezza di non dover competere con altri soggetti che operano sotto lo stesso brand. Per il franchisor, invece, l'inserimento di una clausola di esclusiva comporta una limitazione della propria libertà contrattuale. Infatti, il franchisor si impegna a non espandere la propria rete di affiliati o a non aprire nuovi punti vendita nella zona assegnata al franchisee per tutta la durata dell'esclusiva. Questo può rappresentare un ostacolo alla crescita del marchio in determinate aree geografiche, soprattutto se il franchisee non riesce a sfruttare appieno le potenzialità del mercato locale. La violazione dell'obbligo di esclusiva Nel caso in cui il franchisor violi l'obbligo di esclusiva, ad esempio stipulando un contratto con un altro affiliato nella stessa zona o aprendo un punto vendita diretto, il franchisee ha il diritto di chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni subiti. La violazione dell'esclusiva è considerata un inadempimento grave, che può compromettere il rapporto di fiducia tra le parti e causare danni economici significativi all'affiliato. È importante sottolineare che la clausola di esclusiva vincola solo le parti del contratto (franchisor e franchisee) e non i terzi. Pertanto, un terzo che entra in concorrenza con il franchisee nella stessa zona non può essere ritenuto responsabile per la violazione dell'esclusiva, a meno che non si configuri una fattispecie di concorrenza sleale. Conclusione L'obbligo di esclusiva nei contratti di franchising è uno strumento contrattuale che può offrire vantaggi significativi al franchisee, proteggendolo dalla concorrenza interna e favorendo lo sviluppo della sua attività. Tuttavia, comporta anche delle limitazioni per il franchisor, che deve rinunciare alla possibilità di espandere la propria rete nella zona assegnata. La violazione dell'esclusiva può avere conseguenze legali rilevanti, con la possibilità di risoluzione del contratto e risarcimento dei danni. Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale .

Pubblicazione legale

L'applicazione della buona fede nell'esecuzione dei contratti di franchising e distribuzione e il divieto di abuso di dipendenza economica ex art. 9 della Legge n. 192/1998

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Introduzione La buona fede è un principio cardine del diritto contrattuale italiano, sancito dagli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile, che impone alle parti di comportarsi con lealtà e correttezza durante tutte le fasi del contratto, dalla sua formazione alla sua esecuzione. Questo principio trova applicazione in particolare nei contratti di franchising e distribuzione, dove le relazioni tra le parti possono essere caratterizzate da un significativo squilibrio di potere contrattuale. Inoltre, l'art. 9 della Legge n. 192/1998 introduce il divieto di abuso di dipendenza economica, che rappresenta una tutela specifica per la parte più debole del rapporto contrattuale, come il franchisee o il distributore. La buona fede nell'esecuzione dei contratti di franchising e distribuzione Contratti di franchising : Nei contratti di franchising, la buona fede impone al franchisor e al franchisee di collaborare in modo leale e trasparente per il successo dell'attività. Il franchisor ha l'obbligo di fornire al franchisee il supporto necessario, come formazione, assistenza e aggiornamenti, affinché quest'ultimo possa operare in modo efficiente. D'altro canto, il franchisee deve rispettare gli standard operativi e le direttive del franchisor. Un comportamento contrario alla buona fede potrebbe verificarsi, ad esempio, se il franchisor impone condizioni contrattuali eccessivamente onerose o modifica unilateralmente le condizioni economiche del contratto senza giustificazione. Contratti di distribuzion e: Nei contratti di distribuzione, la buona fede si traduce nell'obbligo di cooperazione tra il fornitore e il distributore. Il fornitore deve garantire la continuità delle forniture e non deve ostacolare il distributore nell'esercizio della sua attività, mentre il distributore deve promuovere i prodotti del fornitore con diligenza. Una violazione della buona fede potrebbe verificarsi, ad esempio, se il fornitore interrompe ingiustificatamente le forniture o impone condizioni commerciali svantaggiose al distributore. Il divieto di abuso di dipendenza economica ex art. 9 della Legge n. 192/1998 L'art. 9 della Legge n. 192/1998 introduce il divieto di abuso di dipendenza economica, che si verifica quando una parte sfrutta la propria posizione di forza economica per imporre condizioni contrattuali ingiustificate o gravose all'altra parte, che si trova in una situazione di dipendenza economica. La dipendenza economica si verifica quando una parte, pur essendo formalmente autonoma, non dispone di alternative commerciali soddisfacenti e, quindi, è costretta ad accettare condizioni contrattuali sfavorevoli. Come dimostrare la dipendenza economica Per dimostrare una situazione di dipendenza economica, è necessario provare che una parte non ha alternative commerciali valide sul mercato. Gli indici sintomatici della dipendenza economica includono: Elevati oneri di investimento inizial e: Se il franchisee o il distributore ha sostenuto investimenti significativi per avviare l'attività, potrebbe trovarsi in una situazione di dipendenza economica dal franchisor o dal fornitore. Obbligo di esclusiva : Se al franchisee o al distributore viene imposto di interrompere rapporti con altri fornitori o marchi, ciò potrebbe limitare la sua libertà contrattuale e creare una situazione di dipendenza. I mpossibilità di reperire alternative soddisfacenti sul mercato : Se il franchisee o il distributore non ha accesso a fornitori o marchi alternativi che possano garantire condizioni simili, potrebbe trovarsi in una situazione di dipendenza economica. Casi di abuso di dipendenza economica L'abuso di dipendenza economica si verifica quando una parte sfrutta la situazione di dipendenza dell'altra per imporre condizioni contrattuali ingiustificate o gravose. Alcuni esempi di abuso includono: Imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente onerose : Ad esempio, il franchisor che impone al franchisee di acquistare beni o servizi a prezzi superiori a quelli di mercato, sfruttando la sua posizione dominante. Rifiuto ingiustificato di rinnovare il contratto : Se il franchisor o il fornitore rifiuta di rinnovare il contratto senza una valida ragione, sapendo che il franchisee o il distributore non ha alternative commerciali, si potrebbe configurare un abuso di dipendenza economica. Interruzione arbitraria delle forniture : Nel caso dei contratti di distribuzione, il fornitore che interrompe le forniture senza giustificato motivo, lasciando il distributore senza prodotti da vendere, potrebbe essere accusato di abuso di dipendenza economica. L'imposizione di modifiche unilaterali peggiorative: abuso di dipendenza economica? L'imposizione di modifiche unilaterali peggiorative da parte del franchisor o del fornitore può certamente configurare un abuso di dipendenza economica, soprattutto se tali modifiche sono imposte senza giustificato motivo e in un contesto in cui il franchisee o il distributore non ha alternative commerciali valide. Ad esempio, il franchisor che modifica unilateralmente le condizioni economiche del contratto, imponendo al franchisee di sostenere costi aggiuntivi o riducendo i margini di profitto, potrebbe essere accusato di abuso di dipendenza economica, se il franchisee si trova in una situazione di dipendenza economica e non può facilmente recedere dal contratto o trovare alternative sul mercato. Conseguenze legali della violazione della buona fede e dell'abuso di dipendenza economica La violazione della buona fede nell'esecuzione di un contratto può avere conseguenze legali significative. La parte che subisce la violazione può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, qualora la violazione sia grave e comprometta l'equilibrio contrattuale. Inoltre, la parte lesa può richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento scorretto dell'altra parte. Nel caso di abuso di dipendenza economica, la parte lesa può chiedere la nullità delle clausole contrattuali che risultano abusive e il risarcimento dei danni. La giurisprudenza ha chiarito che l'abuso di dipendenza economica può anche configurarsi come una violazione del principio di buona fede, quando una parte sfrutta la propria posizione dominante per imporre condizioni contrattuali ingiustificate o gravose. Conclusione La buona fede è un principio fondamentale che permea l'esecuzione dei contratti di franchising e distribuzione, imponendo alle parti di agire con lealtà e correttezza. L'art. 9 della Legge n. 192/1998, che introduce il divieto di abuso di dipendenza economica, rappresenta una tutela aggiuntiva per le parti più deboli, impedendo che una parte possa sfruttare la propria posizione dominante per imporre condizioni contrattuali ingiustificate o gravose. L'imposizione di modifiche unilaterali peggiorative può certamente configurare un abuso di dipendenza economica, soprattutto se il franchisee o il distributore si trova in una situazione di dipendenza economica e non ha alternative commerciali valide. ******************************************* Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non costituiscono un parere legale. Si consiglia di consultare un professionista per una valutazione specifica del proprio caso. Stefano Brustia - Avvocato del foro di Roma

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