Iscritto all'Ordine degli Avvocati di Roma, l'Avv. Vincenzo Zecchino fornisce assistenza e consulenza legale nell'ambito del diritto amministrativo, civile e tributario. Ha svolto la propria attività legale presso primari studi legali italiani e, dal 2022, svolge la propria attività presso il suo studio ACT Law Firm. L'Avv. Zecchino, laureato presso l'Università "La Sapienza" di Roma, ha conseguito un master in "Giurista di Impresa" presso Business School Meliusform e, nel 2022, ha conseguito l'abilitazione come mediatore presso l'istituto certificato Concilium A.D.R.. Dal 2023 svolge anche l'attività di DPO.
Lo studio ACT Law Firm di cui sono titolare ha consolidata esperienza nell'ambito del diritto civile in particolare in materia contrattuale e risarcimento del danno. Inoltre, anche l'esperienza professionale personale mi ha visto impegnato in plurimi cause in materia civile dinanzi ai tribunali e corti di appello italiane.
Precedenti esperienze presso primari studi italiani nell'ambito del diritto amministrativo mi hanno consentito di acquisire una solida preparazione ed una comprovata esperienza nell'ambito delle seguenti materie: Pubblico impiego; Appalti e contratti pubblici; Diritto di cittadinanza; silenzio della P.A. e procedure ex art. 117 cpa; accesso ex art. 22 e ss. l. 241/90 e accessi civici; concessioni demaniali
Esperienza pluriennale dinanzi alle giurisdizioni amministrative. L'Avv. Zecchino, prima di fondare il proprio studio ACT Law Firm con sede in Roma, ha collaborato con primari studi legali che si occupavano principalmente di diritto amministrativo. Inoltre, ha trattato in via esclusiva numerosi contenziosi aventi ad oggetto la contestazione di procedure amministrative e l'impugnazione di provvedimenti emanati dalla P.A. fornendo la propria assistenza a privati ed aziende. Da ultimo, ha assistito una nota azienda di produzione energetica da fonte rinnovabili con richiesta al TAR Milano di rimessione alla Corte Costituzionale.
Appalti pubblici, Diritto commerciale e societario, Contratti, Diritto tributario, Immigrazione e cittadinanza, Edilizia ed urbanistica, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Risarcimento danni.
Capita frequentemente che un ex socio di una persona giuridica, riceva un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate dopo la chiusura della società. Tale questione è stata più volte affrontata dai Giudici sia di legittimità che di merito. Tuttavia, per dare riposta a tale quesito occorre, in via preliminare, comprendere cosa succede in ipotesi di cancellazione di una società dal registro delle imprese. La cancellazione dal registro delle imprese determina l’ estinzione della società ma non comporta la scomparsa dei debiti che quest’ultima aveva nei confronti dei terzi. Di tali passività, nelle società di persone (dove la responsabilità dei soci è illimitata), ne rispondono i soci per l’intero debito. Invece, nelle società di capitali (dove la responsabilità dei soci è limitata), entro massimo quanto riscosso con l’ultimo bilancio di liquidazione. In riferimento alla società di capitali, a norma dell’ articolo 2495 cod. civ ., i creditori possono agire nei confronti dei soci dell’estinta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, così come nei riguardi del liquidatore se il mancato pagamento è dipeso da sua colpa. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società. Accertamento fiscale nei confronti della società estinta La regola appena enunciata vale anche nei confronti del fisco: l’estinzione della società non fa venir meno la responsabilità dei soci, sia di quelli delle società di persone (illimitatamente), sia di quelli delle società di capitali (nei limiti di quanto riscosso con il bilancio di liquidazione). La Suprema Corte, con sentenza n. 31904/2021 ha chiarito che, con riferimento alle società di capitali, il fisco può sia notificare atti impositivi, sia procedere all’iscrizione a ruolo dei tributi non versati sia a nome della società estinta, sia a nome dei soci “pro quota” , in relazione alle relative quote di partecipazione. Può anche azionare il credito tributario nei confronti dei soci stessi, non occorrendo procedere all’emissione di autonomo avviso di accertamento. Ne discende che gli accertamenti nei confronti di società estinte sono da considerarsi validi se notificati semplicemente ai soci. A norma dell’articolo 28, comma 4 del decreto legislativo 175/14, per l’amministrazione finanziaria è prevista la reviviscenza delle società per cinque anni successivi alla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese . Detta normativa dispone che “ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 cod. civ. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese.” L’unico modo per i soci di una società di capitali per difendersi da un accertamento notificato loro dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese è dimostrare l’inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo formatosi nei confronti della società, oppure contestare il fondamento della propria responsabilità, dimostrando di non aver conseguito utili dalla liquidazione. Avviso di accertamento dopo il fallimento della società Secondo la Cassazione è legittima la notifica dell’avviso di accertamento al socio in caso di sopravvenuto fallimento della società estinta ma solo entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese . “Il sopravvenuto fallimento della società estinta entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese non comporta il venire meno della soggettività passiva del socio di detta società e, quindi, della sua legittimazione processuale. È pertanto legittimo l’avviso di accertamento notificato ai soci, ancorché siano congiuntamente occorse l’estinzione della società e la dichiarazione di fallimento entro il termine dell’anno decorrente dalla cancellazione della stessa dal registro delle imprese.”
Se il datore di lavoro non paga il TFR cosa può fare il lavoratore per ottenerlo? Ai lavoratori subordinati è garantita una specifica tutela in caso di insolvenza del datore di lavoro. La Legge del 29 maggio 1982, n. 297 ha previsto che presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale vi sia un apposito “Fondo di Garanzia” con lo scopo di sostituire il datore di lavoro, in caso di insolvenza di quest’ultimo, nel pagamento del trattamento di fine rapporto dovuto ai lavoratori dipendenti. Il D.L. n. 80 del 27 gennaio 1992, successivamente, ha esteso la garanzia anche alle ultime tre mensilità dovute dal datore di lavoro che fosse assoggettato alle procedure di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria. Chi può chiedere il pagamento al Fondo? Possono chiedere l’intervento del Fondo di Garanzia tutti i lavoratori dipendenti tenuti al versamento dei contributi all’INPS ivi compresi gli apprendisti e i dirigenti e ai soci delle cooperative del lavoro. Pertanto, sono esclusi soltanto quei lavoratori che hanno una c.d. gestione separata. In caso di decesso del lavoratore il diritto di accesso al Fondo di Garanzia potrà essere richiesto dagli eredi I Presupposti per l’intervento del Fondo di Garanzia Il lavoratore che non ha percepito il TFR dal datore di lavoro, prima di richiedere tali somme al Fondo di garanzia dell’INPS, deve fornire prova di aver fatto tutto il possibile per poter ottenere quanto di sua spettanza dal diretto interessato. Nel caso in cui un imprenditore commerciale sia “fallibile” il pagamento da parte dell’INPS potrà intervenire quando vi sono tre requisiti: a) l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro; b) l’inadempimento del datore di lavoro per l’intero credito inerente al trattamento di fine rapporto o per una sua parte; c) l’insolvenza del medesimo datore di lavoro. In caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato la garanzia del Fondo di Garanzia opera a prescindere dalla causa che abbia determinato la cessazione del rapporto (dimissioni, licenziamento o scadenza del termine in caso di contratto a tempo determinato). Il credito deve essere accertato tramite una pronuncia giudiziale o, in caso di apertura di una procedura concorsuale tramite l’ammissione del predetto credito allo stato passivo con conseguente dichiarazione del Curatore Fallimentare, del Commissario Giudiziale o del Commissario Straordinario che questo non è più impugnabile e/o che sia stata incardinata opposizione allo stato passivo. Nel caso in cui l’imprenditore non sia assoggettabile alla procedura concorsuale è possibile che l’intervento del Fondo di Garanzia a patto che il lavoratore interessato dimostri attraverso l’esperimento di una azione esecutiva che abbia cercato di aggredire senza successo il patrimonio dell’Impresa. Per l’intervento del Fondo di Garanzia sarà necessario il pignoramento negativo che potrà essere equiparato a quello mancato quando l’Ufficiale Giudiziario abbia accertato l’irreperibilità del datore di lavoro e l’assenza del debitore.
Corso di formazione della durata di 18 ore svolto in conformità all'art. 18 lett. G) del D.L. 18 ottobre 2010 n. 180 autorizzato dal Ministero della Giustizia e valevole per l'inizio attività per gli avvocati Mediatori di diritto.
Provvedimento di accoglimento in ottemperanza ex art. 117 c.p.a. a seguito di sentenza di accoglimento di merito emessa dal TAR del Lazio relativamente ad istanza presentata nei confronti del Ministero dell'Istruzione a cui non ha seguito riscontro obbligatorio da parte dell'Amministrazione resistente.
Sentenza di accoglimento avverso cartella di pagamento e conseguente annullamento della stessa per aver l'Amministrazione notificato l'atto prodromico indicato nella cartella ad indirizzo errato da quello di residenza del ricorrente. Pertanto, ne consegue l'accoglimento del ricorso e condanna alle spese di giudizio a carico dell'Amministrazione resistente.
La studentessa veniva ammessa all’erogazione della borsa di studio per l’a.a. 2019/2020 senza alcun tipo di eccezione. Sulla scorta dell’esperienza dell’anno precedente, essendo in possesso di tutti i requisiti richiesti, parte ricorrente decideva di partecipare al nuovo “Bando Diritto allo Studio per l’anno accademico 2020/2021” per cui erano previsti i termini di scadenza per la trasmissione della documentazione utile al 26.02.2021. Tuttavia, pur essendo contenutisticamente identica a quella dell’anno precedente, la domanda di partecipazione per l’a.a. 2020/2021 veniva rigettata dalla LazioDisco con contestuale esclusione della ricorrente all’ottenimento del relativo beneficio integrativo. L’Amministrazione resistente, in data 11.03.2021, in via informale, comunicava a parte ricorrente che “nella comunicazione pervenuta manca legalizzazione e apostilla. A seguito del ricorso proposto il TAR del Lazio ha ammesso la ricorrente al beneficio in quanto l'Amministrazione ha violato, in via principale, il principio del legittimo affidamento ingenerato nei confronti della ricorrente.
Annullamento di provvedimento di richiesta TARI da parte del Comune di Roma avanzata nei confronti di un imprenditore conduttore della struttura in riferimento ad un periodo precedente a quello del contratto di locazione. Il nostro assistito, tramite lo scrivente Avvocato, ha ottenuto l'annullamento della richiesta e l'Amministrazione è stata condannata al pagamento delle spese di lite.
Capita molte volte che le cartelle esattoriali arrivino per debiti vecchi. Questo avviene in quanto l’iter seguito dalla P.A. non è sempre efficiente e questo, nel caso in esame, può giovare a vantaggio del contribuente in quanto, durante questo tempo, i termini di prescrizione continuano a decorrere. In primis, occorre sapere quali sono i termini di prescrizione dei crediti richiesti in cartella, ovvero dal tipo di debito: la tassa automobilistica si prescrive in soli 3 anni ; le sanzioni tributarie, penali ed amministrative, comprese le multe per violazioni del Codice della strada, si prescrivono in 5 anni ; i tributi locali (come l’ Imu e la Tari ) si prescrivono in 5 anni ; contributi previdenziali Inps e Inail anche essi in 5 anni ; · i tributi erariali (Irpef, Iva, Ires, Irap, imposta di registro, di bollo, sulle successioni e donazioni, ipotecaria, catastale, ecc.) si prescrivono in 10 anni ; il canone Rai , il ticket sanitario e i diritti alla Camera di Commercio si prescrivono in 10 anni ; Tuttavia, come noto a molti, i termini di prescrizione, possono essere interrotti da un qualsiasi ulteriore atto validamente notificato dall’Agente di riscossione, o dall’Ente creditore, al contribuente: un’intimazione di pagamento, un fermo sui veicoli, un preavviso di iscrizione ipotecaria, un pignoramento di beni mobili e immobili o di conti correnti, stipendi e pensioni. Anche l’istanza di rateizzazione, presentata dal debitore stesso, interrompe la prescrizione, perché, secondo un orientamento della Cassazione (ord. n. 19401 del 16.06.2022), costituisce una ammissione del debito. Questi atti interruttivi della prescrizione hanno l’effetto di far ricominciare da capo il conteggio dei termini: ad esempio: - una tassa automobilistica del 2020 sarebbe prescritta a dicembre 2023. Tuttavia, se arriva una intimazione di pagamento nel 2022, fa ripartire i tre anni per la prescrizione dal momento in cui si riceve tale atto. Tali atti però sono efficaci soltanto se notificati prima del decorso del termine di prescrizione. Tornando al nostro esempio, una intimazione notificata a gennaio 2024 non salverebbe il termine di prescrizione che oramai è decorso e, pertanto, ogni successiva richiesta di pagamento sarebbe illegittima. Come capire se la cartella è prescritta? In via preliminare bisogna controllare bene tutte le notifiche ricevute (in particolare quelle degli atti sottesi alla cartella), e verificare le date con i termini richiamati in precedenza. Tali informazioni vengono inserite dall’agente riscossore nel prospetto di dettaglio contenuto nella cartella stessa. Da questa verifica analitica potrebbe emergere che la cartella è prescritta anche solo in parte , cioè per alcuni debiti ma non per altri. Cosa faccio quando la cartella è prescritta? Nel caso in cui il credito richiesto risulti prescritto occorre rivolgersi al Giudice per farne dichiarare la prescrizione e quindi la nullità della pretesa di pagamento. E’ importante agire in tal senso in quanto, in mancanza, l’Agenzia delle Entrate potrà comunque continuare a pretendere i pagamento e, soprattutto, potrà intraprendere azioni esecutive a danno del contribuente (pignoramento di auto, conto corrente, casa, ecc.). Se si tratta di multe o altre sanzioni amministrative è competente il Giudice di Pace e l’impugnazione va proposta nel termine di 30 giorni dalla notifica della cartella Per i contributi Inps o Inail è competente il Tribunale , in funzione di giudice del lavoro, al quale devi presentare ricorso entro 40 giorni. Per tutte le imposte e tasse è invece competente la Corte di Giustizia Tributaria e il ricorso va proposto nel termine di 60 giorni dalla notifica. I termini per proporre opposizione decorrono dalla data di notifica della cartella anche quando avviene per compiuta giacenza della raccomandata. Alternativamente o congiuntamente al ricorso è spesso consigliato trasmettere anche una istanza in via di autotutela all’Agente impositore con cui chiedere l’annullamento della pretesa di pagamento o di parte di essa. L’eventuale proposizione di istanza di autotutela non sospende i termini perentori per la proposizione del ricorso giudiziale. Avv. Vincenzo Zecchino
L’ordinanza di demolizione può essere definita come quel provvedimento amministrativo con cui normalmente) viene notificato un ordine da parte del Comune ove l’edificio interessato è collocato, con cui si ordina di demolire un immobile privo di autorizzazioni, e quindi, realizzato in maniera abusiva oppure in maniera difforme alla normativa edilizia. Ovviamente, trattandosi di atto amministrativo, deve contenere dei requisiti essenziali e, inoltre, presenta una serie di particolarità su cui la giurisprudenza si è spesso pronunciata. In primis, la giurisprudenza ha più volte ribadito che, trattandosi di atto per sua natura vincolato, non vi è alcuna necessità di comunicare il cd avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’ordine di abbattimento. Tale solco giurisprudenziale, oramai consolidato, è stato ribadito e fatto proprio anche dal TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 27 giugno 2022, n. 1864 , secondo cui l’ordine “ viene emesso quale sanzione per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia, l’abuso, di cui l’interessato deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo (Cons. Stato, n. 6424/2020) ”. Pertanto, l’ordinanza di demolizione non richiede la previa instaurazione del contraddittorio con i suoi destinatari in quanto deriva da un presupposto di fatto (l’abuso edilizio) di cui gli stessi devono essere ragionevolmente a conoscenza. Motivazione dell’ordinanza di demolizione L’ordinanza di demolizione è un atto condizionato e, pertanto non deve per forza motivare le ragioni di interesse pubblico, e neppure deve contenere una comparazione degli interessi privati coinvolti, nè una motivazione che dia conto della sussistenza di un interesse concreto ed attuale alla demolizione. Sul punto, il TAR Campania, Salerno, sez. II, nella sent. 24 giugno 2022, n. 1805 , ha ricordato che l’ordinanza di demolizione “ è da ritenersi sorretta da adeguata e autosufficiente motivazione, allorquando sia rinvenibile la compiuta descrizione (morfologica, costruttiva, dimensionale, oltre che ubicativa, mediante puntuale indicazione degli estremi di localizzazione geografica ) delle opere abusive , nonché l’individuazione delle violazioni accertate (realizzazione di un nuovi organismi edilizi in assenza di permesso di costruire) e della normativa applicata (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) ” e “ rimane affrancata dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res, dove l’interesse pubblico risiede in re ipsa nella riparazione (tramite ripristino dello stato dei luoghi) dell’illecito edilizio e, stante il carattere permanente di quest’ultimo, non viene meno per il mero decorso del tempo, insuscettibile di ingenerare affidamenti nel soggetto trasgressore ”. Prescrizione dell’abuso edilizio Nella presente ipotesi di illecito amministrativo esso ha carattere permanente e, come tale, non è soggetto a termini di prescrizione. Per tale motivo, l’ordinanza di demolizione di abuso edilizio può essere emessa anche a distanza di molti anni da quando è stato posto in essere la realizzazione dell’opera abusiva. Dagli abusi edilizi non può derivare alcun legittimo affidamento per effetto del decorso del tempo o per effetto della mancata vigilanza da parte dell’amministrazione. Quando viene emessa Ordinanza di demolizione Tale provvedimento viene posto in essere quando ci si riferisce ad abusi edilizi gravi. Le ipotesi tipiche sono le seguenti: · interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità; · opere eseguite in difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. · lavori eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità da esso o con variazioni essenziali; · interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato, demaniale o di enti pubblici; · lottizzazione abusiva; · interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire; · opere eseguite senza titolo su aree assoggettate da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica; Notifica dell’Ordinanza di demolizione e memorie ex 10 L. 241/1990 L'ordinanza di demolizione dev'essere notificata al responsabile dell'abuso edilizio nonché ai proprietari dell'immobile. Se manca la notifica dell'ordine di demolizione a uno dei comproprietari, è illegittimo il provvedimento di acquisizione dell'area al patrimonio comunale. L’amministrazione, in questo caso, non può prendere atto della inottemperanza all’ordine di demolizione. Per effetto di tale vizio, tra l’altro, l’amministrazione non può trascrivere il provvedimento di acquisizione nei confronti del comproprietario a cui, l’ordine di demolizione non è stato notificato (T.A.R. Napoli 5 luglio 2021, n. 4616) . Prima della notifica dell’ordinanza di demolizione, normalmente essa è preceduta da una comunicazione di avvio del procedimento. Tuttavia, ciò non sempre accade e non è obbligatoria per l’amministrazione in quanto l’ordinanza di demolizione è un atto per sua natura vincolato e, pertanto, non è richiesto l’apporto dell’interessato (TAR Napoli Sent. 8146 del 21 dicembre 2021). Nel caso di comunicazione di avvio del procedimento il destinatario del provvedimento ha un termine di 10 giorni per poter proporre memorie che, a nostro avviso, e sempre opportuno proporre con l’ausilio di un Avvocato specializzato nell’ambito del diritto amministrativo. Irregolarità dei dati catastali e identificativi dell’immobile nell’ordinanza di demolizione I riferimenti catastali costituiscono elemento essenziale del provvedimento successivo all’ordinanza di demolizione, di acquisizione al patrimonio del Comune una volta che, l’Amministrazione, ha preso atto che l’interessato non abbia eseguito la demolizione degli abusi. Mentre, se a mancare sono i riferimenti catastali dell’immobile ritenuto abusivo nell’ordinanza di demolizione, tale irregolarità non rileva ai fini della validità del provvedimento amministrativo. Tuttavia, l’ordinanza di demolizione deve contenere una chiara e precisa descrizione delle opere, manufatti o lavori che l’amministrazione ritiene realizzati in violazione di norme o prescrizioni urbanistiche. Istanza di sanatoria dell’abuso edilizio Occorre premettere che l’istanza di sanatoria di eventuali abusi edilizi sospende l’efficacia dell’ordinanza di demolizione. Tuttavia, tale richiesta non rende di per sé inefficace l’ordinanza di demolizione in quanto, se l’istanza di sanatoria viene rigettata l’ordinanza di demolizione riacquista efficacia senza che l’amministrazione torni a notificare un nuovo ordine di demolizione (T.A.R. Lecce 27 agosto 2021, n. 1305; T.A.R. Napoli 2 agosto 2021 n. 5388) . Avv. Vincenzo Zecchino
Il Consiglio di Stato con Sentenza n. 3294 emessa in data 30 marzo 2023 ha disposto, in tema di autorizzazioni relative ad impianti di produzione di energie rinnovabili, che la disciplina è contenuta nell’art. 12 del D.Lgs n. 387 del 2003 e che tale disciplina risulta volta a garantire l’uniformità di trattamento delle varie fattispecie. In linea generale, L’Ecc.mo Consiglio di Stato ha statuito che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento nonché le opere e le infrastrutture connesse sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal ministero dello sviluppo economico. Nello specifico, L’installazione degli impianti fotovoltaici necessita dei seguenti titoli abilitativi: · l’ autorizzazione regionale di cui all’art. 12 del d.lgs. 387/2003; · la p.a.s. (procedura abilitativa speciale) di cui all’art. 6, comma 1, del d.lgs. 28/2011; · la comunicazione di edilizia libera di cui all’art. 6, comma 11, del d. lgs. 28/2011. Costituiscono attività ad edilizia libera (mediante comunicazione al comune) le seguenti categorie di impianti fotovoltaici: a) gli impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi, che abbiano superficie non superiore a quella del tetto sui quali vengono realizzati e non ricadano in zona sottoposta a vincolo paesaggistico; b) gli impianti realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze, con capacità di generazione compatibile con lo scambio sul posto. Nel caso sottoposto ai Giudici di Palazzo Spada, inerente la realizzazione di un intervento integrato, consistente in quattro serre con impianto fotovoltaico integrato di potenza nominale 582,36 KW, la sezione ha concluso nel senso dell’ineludibilità dell’autorizzazione unica regionale, atteso che le serre fotovoltaiche non sono in regime di edilizia libera e non sono edifici in senso normativo. Avv. Vincenzo Zecchino
Annullamento del verbale prefettizio a favore della ricorrente per intervenuta oblazione della sanzione comminata per violazione del Codice della Strada. Parte ricorrente, rappresentata dall'Avv. Vincenzo Zecchino, si è vista annullare la richiesta di pagamento e la Prefettura di Roma è stata condannata al pagamento delle spese di giudizio.
Proprio di recente il giudice amministrativo ha ricordato che l’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compresi il bando di gara pubblica, soggiace alle stesse regole dettate dall’ art. 1362 c.c. e seguenti per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata alla interpretazione letterale in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo. In ogni caso il Giudice deve ricostruire l’intento dell’Amministrazione, ed il potere che essa ha inteso esercitare, in base al contenuto complessivo dell’atto (interpretazione sistematica), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo e del fatto che, secondo il criterio di interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c., gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotta certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative. Quel che non prescrive la lex specialis , non possono imporre le FAQ ovvero i chiarimenti resi dall’amministrazione procedente su richieste formulate dai soggetti interessati a partecipare alla procedura, poiché esse possono solo precisare e meglio esprimere le previsioni della lex specialis , alla stregua di una sorta di interpretazione autentica, non di certo modificarne il contenuto. Tale principio è stato recentemente ribadito dalla III° sezione del T.A.R. Campania che, con sentenza resa in data 30.09.2022, ha fatto propria quanto già disposto dal Consiglio di Stato, Sez. V, 31.03.2021, con la Sentenza n.2710. ove aveva chiarito che l’interpretazione della c.d . lex specialis deve seguire le regole di cui all’art. 1362 c.c.. Il predetto articolo, in riferimento all’interpretazione delle clausole contrattuali, dispone che “Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.” Pertanto, alla luce della oramai consolidata giurisprudenza amministrativa (dettata dal Consiglio di Stato e ripresa dai T.A.R.) l’interpretazione delle procedure di gare d’appalto e della lex specialis segue le regole disposte dal Codice Civile in materia di Contratti.
Il TAR Veneto, Sez. II, 21.06.2022, con sentenza n. 1065 ha disposto che il posizionamento al secondo posto in graduatoria di un operatore economico attribuisce a quest’ultimo una posizione “particolarmente qualificata” nell’ambito della procedura di gara. In virtù di ciò, l’accesso ai documenti funzionali alla difesa in giudizio in giudizio non può non contenere l’integrale contenuto dei moduli DGUE, dei relativi allegati e delle dichiarazioni rese ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016. Ciò perché, solamente la completa acquisizione di tale documentazione consente di verificare se gli operatori economici controinteressati abbiano correttamente notiziato la stazione appaltante di tutti gli eventuali precedenti e/o pendenze penali ovvero di tutte le pregresse risoluzioni di contratti o di qualsiasi altro fotto idoneo ad essere giudicato quale illecito grave ai sensi dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici (comma 5, lett. c)) o qualsiasi causa di esclusione prevista dall’art. 80. In particolare, il TAR Veneto ha rilevato che, essendosi il ricorrente classificato secondo ed ha debitamente motivato la propria istanza di accesso “ Va condivisa l’opinione già espressa da questo T.A.R. secondo cui, in termini generali, la collocazione al secondo posto in graduatoria di un operatore attribuisce allo stesso “una posizione particolarmente qualificata nell’ambito della procedura di gara” (arg. ex T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 20 giugno 2017, n. 679)” (T.A.R. Veneto sez. I – Venezia, 04/07/2019, n. 803). Nella medesima pronuncia il Collegio ha ritenuto che “non può ritenersi superflua la conoscenza di documenti da cui possono emergere fatti che potenzialmente costituiscono cause ostative all’aggiudicazione.” Pertanto, il Collegio condivide l’opinione secondo cui “l’accesso documentale funzionale alla difesa in giudizio non può fare a meno dell’integrale contenuto dei moduli DGUE, dei relativi allegati e delle dichiarazioni rese ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, in quanto solo la completa acquisizione di essi consente di verificare se gli operatori controinteressati abbiano correttamente notiziato la stazione appaltante di tutti gli eventuali precedenti e/o pendenze penali ovvero di tutte le pregresse risoluzioni contrattuali o di qualsiasi altro fatto idoneo ad essere giudicato quale grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, o quale causa espulsiva in base alle altre ipotesi previste dal medesimo art. 80; Le medesime considerazioni valgono anche per la documentazione relativa allo svolgimento delle verifiche relative al possesso dei requisiti espletate nella fase successiva all’aggiudicazione, in vista della stipula del contratto, trattandosi di documentazione facente parte del procedimento di affidamento, da cui possono emergere eventuali cause ostative all’aggiudicazione il cui interesse conoscitivo per la ditta seconda classificata non è revocabile in dubbio …”
Il Codice del processo amministrativo, all’art. 116 c.p.a., dispone che “ 1. Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all’amministrazione e ad almeno un controinteressato. Si applica l’articolo 49. Il termine per la proposizione di ricorsi incidentali o motivi aggiunti è di trenta giorni. 2. In pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all’amministrazione e agli eventuali controinteressati. L’istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio. 3. L’amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato. 4. Il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione e, ove previsto, la pubblicazione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità. 5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai giudizi di impugnazione.” Per atto amministrativo, ai sensi dell’articolo 22 della Legge n. 241/1990, bisogna intendere la “ rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale ”. Il rito speciale dell’articolo 116 CPA, opera per l’impugnazione: I) del diniego espresso/tacito alla visione/estrazione di documenti amministrativi; II) dell’inadempimento, da parte di una pubblica amministrazione, dell’obbligo di trasparenza che impone la pubblicazione di documenti, dati e informazioni in favore dei cittadini. Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi e/o alla violazione degli obblighi di trasparenza da parte di una amministrazione pubblica sono riservate, ai sensi dell’articolo 133, co. I, lett. A), n. 6, CPA alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ovvero al TAR territorialmente competente. Il rito di cui all’art. 116 c.p.a. si caratterizza per la sua celerità e per le semplificazioni processuali previste. Ed infatti, fatta eccezione per la notifica, i termini processuali risultano dimezzati rispetto al rito ordinario. Va rilevato che, sebbene si tratti di un giudizio impugnatorio, il giudizio avverso il silenzio ha il fine di sollecitare il sindacato del collegio circa l’accertamento della sussistenza o meno della titolarità all’accesso ai documenti amministrativi richiesti. A seguito della proposizione di un giudizio ex art. 116 c.p.a., il sindacato del Giudice Amministrativo non si estende certo ai vizi e alla motivazione usata dalla P.A. per negare l’accesso agli atti ma pone la sua attenzione sulla legittimazione all’accesso agli atti amministrativi con una verifica puntuale che, in caso risulti essere positiva, comporterà che il Giudice Amministrativo eserciti nei confronti della P.A. un potere sostitutivo. In sostanza, il Giudice Amministrativo potrà ordinare alla P.A. di esibire al ricorrente i documenti richiesti.
Il percorso di specializzazione ha consentito al sottoscritto di acquisire le seguenti specifiche competenze: Negoziazione e Conclusione di Contratti e Principali forme Contrattuali; Corporate Governance; Contratti di Finanziamento; Pagamenti Internazionali e Garanzie Bancarie Internazionali; Risoluzione delle Controversie Contrattuali (Contenzioso e Arbitrato); Preparazione del Negoziato ed elementi della Negoziazione; D.Lgs. n. 231 del 2001; Costituzione e gestione dei rapporti di lavoro in azienda; Disciplina dei licenziamenti, Analisi di Bilancio, Fiscalità d’Impresa, Gestione della Crisi d’Impresa; Normativa Comunitaria e Nazionale in Materia di Appalto e Concessione; Disciplina dei Patti Parasociali; Intellectual Property; Relazioni industriali; Normativa Antiriciclaggio; GDPR Privacy e Protezione dati personali; Safety Sicurezza sul lavoro D.Lgs. n. 81 del 2008.
Nuove tecnologie e tutela della personalità; la protezione dei dati personali; il GDPR; il DPO: designazione, posizione e compiti; il Codice dell'Amministrazione digitale; Pec, firma elettronica e archiviazione dei documenti digitali; IT Security
L’oggetto del giudizio è rappresentato dalla mancata risposta a un’istanza proposta da parte ricorrente e diretta alle amministrazioni resistenti al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo di conseguito all’estero. Nel caso di specie, tali presupposti appaiono integrati se si considera che: il termine generale previsto dalla legge n. 241 del 1990 appare inutilmente decorso; la ricorrente è titolare di una situazione giuridica soggettiva legittimante a ottenere un provvedimento.
Diniego avverso il riconoscimento del diritto della ricorrente ad essere ammessa al beneficio della borsa di studio da parte dell'ente gestore.
Annullamento di ingiunzione di pagamento emessa da ente di riscossione privato incaricato al recupero coatto del presunto credito. Provvedimento notificato al ricorrente (assistito dallo scrivente Avvocato) oltre il termine di prescrizione. Per effetto, provvedimento annullato e condanna della società resistente alle spese di giudizio.
Assoluzione dal reato di estorsione da parte della Corte di Appello di Napoli per ex comandante della marina militare perchè "il fatto non sussiste".
Vincenzo Zecchino
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