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Investimenti: obblighi informativi anche al cliente con elevata propensione al rischio!

Scritto da: Giuseppe Di Matteo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

L'intermediario deve chiedere all'investitore notizie sulla sua esperienza in materia di investimenti, sulla sua situazione finanziaria, sui suoi obiettivi, nonché sulla sua propensione al rischio.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. I Civile, con la sentenza 11 giugno 2019, n. 15708 (scarica il testo integrale).

Sommario

I fatti

La Corte d'appello accoglieva l'impugnazione della banca avverso la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale, il quale aveva accolto la domanda del cliente volta a far dichiarare la nullità dei  contratti di negoziazione di titoli da lui stipulati in assenza dei presupposti di legge. La Corte di appello affermava che la banca aveva adempiuto agli obblighi informativi nei suoi confronti. Il cliente ricorreva in Cassazione.

 

 

La decisione

Ai sensi dell’art. 28,  comma 1, lett. a), del Regolamento Consob 11522/1998, gli intermediari autorizzati devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in  materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché  la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di  fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione  sottoscritta dall'investitore.

La Cassazione ribadisce i riparti di onere probatorio: mentre grava sull'intermediario l'onere di  provare, ex art. 23 d.lgs n. 58 del 1998, di aver adempiuto  positivamente agli obblighi informativi relativi non solo alle  caratteristiche specifiche dell'investimento ma anche al grado effettivo di rischiosità, grava, invece, sull'investitore  l'onere di provare il nesso causale consistente  nell'allegazione specifica del deficit informativo nonché di fornire la prova del pregiudizio patrimoniale dovuto  all'investimento eseguito, potendosi fornire la prova  presuntiva del nesso causale tra l'inadempimento ed il danno  lamentato (Cass. Civ. Sez. 1 28/02/2018 n. 4727).

Ne consegue che la prova dell'avvenuto puntuale adempimento degli obblighi informativi è tutt’altro che ininfluente in considerazione dell'elevata  propensione al rischio dell'investitore dalla quale desumere  che quest'ultimo avrebbe comunque accettato il rischio ad  esso connesso dal momento che l'accettazione consapevole  di un investimento finanziario non può che fondarsi sulla  preventiva conoscenza delle caratteristiche specifiche del  prodotto, in relazione a tutti gli indicatori della sua  rischiosità (Cass. Sez. 1 28/02/2018 n. 4727).  

Si tratta di una appendice non breve di pluralità di obblighi (di diligenza, di correttezza e  trasparenza, di informazione, di evidenziazione  dell'inadeguatezza dell'operazione che si va a compiere)  previsti dagli artt. 21, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 58  del 1998, 28, comma 2, e 29 del Reg. CONSOB n. 11522 del  1998 (applicabile "ratione temporis") e facenti capo ai soggetti abilitati a compiere operazioni finanziarie,  che devono convergere verso un fine unitario, consistente nel segnalare  all'investitore, in relazione alla sua accertata propensione al  rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento  che si accinge a compiere (cd. "suitability rule").

Tale  segnalazione deve contenere specifiche indicazioni concernenti:

  1. la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto  finanziario offerto;

  2. la precisa individuazione del soggetto  emittente, non essendo sufficiente la mera indicazione che si  tratta di un "Paese emergente";

  3. il "rating" nel periodo di  esecuzione dell'operazione ed il connesso rapporto  rendimento/rischio;

  4. eventuali carenze di informazioni  circa le caratteristiche concrete del titolo (situazioni cd. di  "grey market");

  5. l'avvertimento circa il pericolo di un  imminente "default" dell'emittente (Cass. Civ. Sez. 1, 26/01/2016 n. 1376).



Avv. Giuseppe Di Matteo - Avvocato familiarista a Perugia

Questo Studio si propone di aiutare le persone a risolvere i propri problemi piccoli e grandi attraverso un approccio allo stesso tempo umano e giuridico alle problematiche che gli vengono sottoposte. Ritengo che alla base di un buon servizio professionale ci debba essere l'ascolto attento del cliente sia dal punto di vista umano che da quello più strettamente tecnico, e la ricerca a 360 gradi di soluzioni dirette alla ricerca dell'effettivo interesse (potremmo dire BENE) dello stesso, inteso come PERSONA, attraverso lo studio e l'aggiornamento costante e scrupoloso.




Giuseppe Di Matteo

Esperienza


Diritto di famiglia

Una pluriennale esperienza nella consulenza matrimoniale e come mediatore familiare, con la convinzione che la professione forense debba contribuire non solo alla difesa dei diritti e al buon funzionamento della giustizia, ma anche alla promozione della dignità della persona finalizzata alla realizzazione di una società più giusta ed etica.


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Referenze

Pubblicazione legale

Deve risarcire il danno il genitore che non versi al figlio l'assegno di mantenimento!

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La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n.10098/2019 si pronuncia in merito alla risarcibilità del danno da mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento in favore dei figli minori. E' il caso di un padre che aveva smesso di pagare l'assegno di mantenimento alla figlia minore e per questo era stato condannato dal Tribunale Penale di Trapani. Arrivati in Cassazione, la Corte ha precisato che " l'omessa corresponsione di un assegno destinato al mantenimento di un minore provoca di per sé un danno al destinatario, sia economico che morale, privando questi di sostanze fondamentali per la sua esistenza e la sua crescita, in serenità e tranquillità" Per escludere il diritto al risarcimento del danno servirebbe, continua la sentenza, una " robusta prova contraria" , che nel caso in questione non è stata riscontrata

Pubblicazione legale

Bambini, genitori e rete!

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I Magistrati della sezione famiglia del Tribunale di Mantova hanno comunicato agli avvocati del relativo Foro un fac simile che reca le conclusioni congiunte da redigersi negli affari di diritto di famiglia. Una sorta di decalogo (composto appunto da dieci punti) che orienterà le coppie nella delicatissima fase in cui si decidono le sorti dei minori a seguito della separazione personale. Tra le clausole, vengono contemplate le spese (da compensare), il compito dei Servizi di Tutela Minori (teso a favorire la bigenitorialità), le modalità ed il calendario di collocamento del minore, come pure l’autorizzazione preventiva al rilascio dei documenti dei bambini. Si rileva, tuttavia, che il tema affrontato che risulta maggiormente d’interesse è quello numerato 4), dove si introduce il divieto, per entrambi i genitori, di pubblicare immagini dei figli minori sui social nonché di rimuovere immediatamente quelle in precedenza postate. La clausola riveste un’importanza fondamentale nell’ambito della tutela della privacy dei più piccoli, così proteggendoli dalle insidie della rete internet. Il provvedimento si pone in linea con numerosi precedenti giudiziari che hanno sentenziato l’inibitoria, per l’uno o l’altro genitore, di pubblicare sulle piattaforme sociali, foto e video di figli minori di età, così difendendo la riservatezza di coloro che non hanno ancora accesso alle reti virtuali. Il fac simile predisposto e diffuso dai magistrati di Mantova rappresenta, indubbiamente, un esempio virtuoso di giustizia che si prende cura dei più deboli, e che sembra destinato a far da pilota in altre corti.

Pubblicazione legale

Assegno di mantenimento e convivenza more uxorio.

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Con la sentenza n. 32871 del 19 dicembre 2018 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alle conseguenze sul diritto all'assegno di mantenimento nel caso in cui il coniuge beneficiario instauri una famiglia di fatto. Il caso: la Corte d'appello, nel decidere sull'appello proposto dal signor C.A. contro la moglie M.R., nel corso del giudizio di separazione personale dei due coniugi, revocava l'assegno di mantenimento corrisposto dal primo in favore della seconda in considerazione del fatto che risultava provata l'instaurazione di una famiglia di fatto da parte dell'appellata e dunque riteneva applicabile al caso la giurisprudenza di legittimità in tema di assegno divorzile. M.R. ricorre in Cassazione: p er la ricorrente si deve applicare il principio per cui “il diritto all'assegno di mantenimento non può essere automaticamente negato per il fatto che il suo titolare abbia intrapreso una convivenza more uxorio, influendo tale convivenza solo sulla misura dell'assegno ove si dia la prova, da parte dell'onerato, che essa influisca in melius sulle condizioni economiche dell'avente diritto”. La Suprema Corte rigetta il ricorso e osserva quanto segue: a) l'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso; b) anche in tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione o l'interruzione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento che grava sull'altro, dovendosi presumere che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi "more uxorio" siano messe in comune nell'interesse del nuovo nucleo familiare. Tale principio sembra ormai stabile nella giurisprudenza della Suprema Corte, anche perché risponde a criteri di logica e buon senso. Difficilmente verrà ribaltato, a parere di chi scrive

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