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Riconsegna della casa in affitto danneggiata: inquilino paga anche il canone

Scritto da: Giuseppe Di Matteo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Se l’immobile locato viene riconsegnato con danni eccedenti il normale utilizzo, il conduttore è tenuto a pagare, oltre i lavori di ristrutturazione, anche i canoni d’affitto per il periodo necessario alle riparazioni.

E’ quanto deciso dalla Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, nell’ordinanza 7 marzo 2019, n. 6596.

Nella vicenda da cui trae origine la sentenza in commento, un ex affittuario aveva lasciato la casa locata in pessime condizioni, per cui il locatore, era stato costretto ad effettuare lavori di ristrutturazione. Al momento della quantificazione dei danni dopo l’affitto, il conduttore si era mostrato disponibile a pagare solo un importo corrispondente alla spesa sostenuta dal proprietario di casa per la ristrutturazione, ma quest’ultimo aveva chiesto anche il risarcimento per l’ulteriore danno derivante dall’impossibilità di locare ad altri l’immobile, a causa della lunga durata di detti lavori.

Il Tribunale adìto aveva accolto la domanda, ma la Corte territoriale, riformando parzialmente la decisione, aveva rilevato che nessun risarcimento o indennità spettasse ai proprietari a titolo di ristoro a causa della perduta possibilità di locare l’immobile durante il tempo occorrente per la ristrutturazione, non avendo dimostrato che, nel caso in cui l’immobile fosse stato riconsegnato in buone condizioni, sarebbe stata conclusa immediatamente una nuova locazione. Avverso tale decisione, i locatori hanno proposto ricorso per cassazione.

Esaminando il caso in oggetto, la Suprema Corte ha accolto il gravame, rilevando che è pacifico che: “qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori”.

Qualora il locatore a causa della condotta del conduttore non può disporre della cosa locata, ha diritto a conseguire “il corrispettivo convenuto”, nonché ad ottenere il risarcimento di ulteriori, eventuali danni, dimostrandone l’esistenza. Pertanto, se l’immobile, alla riconsegna, presenta danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, si ha “mancata disponibilità” della cosa locata, per fatto imputabile al conduttore, per cui il locatore non può trarre, dalla cosa, alcun vantaggio.

A ciò si aggiunga che, il risarcimento dovuto al locatore in conseguenza della indisponibilità dell’immobile durante il periodo occorrente per i lavori di restauro, non costituisce un danno in re ipsa. In effetti, il periodo necessario per i lavori di restauro, è equiparato dalla giurisprudenza di legittimità alla ritardata restituzione dell’immobile, con la conseguenza che spetterà, per tale periodo, al proprietario “il corrispettivo convenuto”, ai sensi dell’art. 1591 c.c., salva la prova del maggior danno, che grava sul locatore



Avv. Giuseppe Di Matteo - Avvocato familiarista a Perugia

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Giuseppe Di Matteo

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Referenze

Pubblicazione legale

Deve risarcire il danno il genitore che non versi al figlio l'assegno di mantenimento!

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La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n.10098/2019 si pronuncia in merito alla risarcibilità del danno da mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento in favore dei figli minori. E' il caso di un padre che aveva smesso di pagare l'assegno di mantenimento alla figlia minore e per questo era stato condannato dal Tribunale Penale di Trapani. Arrivati in Cassazione, la Corte ha precisato che " l'omessa corresponsione di un assegno destinato al mantenimento di un minore provoca di per sé un danno al destinatario, sia economico che morale, privando questi di sostanze fondamentali per la sua esistenza e la sua crescita, in serenità e tranquillità" Per escludere il diritto al risarcimento del danno servirebbe, continua la sentenza, una " robusta prova contraria" , che nel caso in questione non è stata riscontrata

Pubblicazione legale

Bambini, genitori e rete!

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I Magistrati della sezione famiglia del Tribunale di Mantova hanno comunicato agli avvocati del relativo Foro un fac simile che reca le conclusioni congiunte da redigersi negli affari di diritto di famiglia. Una sorta di decalogo (composto appunto da dieci punti) che orienterà le coppie nella delicatissima fase in cui si decidono le sorti dei minori a seguito della separazione personale. Tra le clausole, vengono contemplate le spese (da compensare), il compito dei Servizi di Tutela Minori (teso a favorire la bigenitorialità), le modalità ed il calendario di collocamento del minore, come pure l’autorizzazione preventiva al rilascio dei documenti dei bambini. Si rileva, tuttavia, che il tema affrontato che risulta maggiormente d’interesse è quello numerato 4), dove si introduce il divieto, per entrambi i genitori, di pubblicare immagini dei figli minori sui social nonché di rimuovere immediatamente quelle in precedenza postate. La clausola riveste un’importanza fondamentale nell’ambito della tutela della privacy dei più piccoli, così proteggendoli dalle insidie della rete internet. Il provvedimento si pone in linea con numerosi precedenti giudiziari che hanno sentenziato l’inibitoria, per l’uno o l’altro genitore, di pubblicare sulle piattaforme sociali, foto e video di figli minori di età, così difendendo la riservatezza di coloro che non hanno ancora accesso alle reti virtuali. Il fac simile predisposto e diffuso dai magistrati di Mantova rappresenta, indubbiamente, un esempio virtuoso di giustizia che si prende cura dei più deboli, e che sembra destinato a far da pilota in altre corti.

Pubblicazione legale

Assegno di mantenimento e convivenza more uxorio.

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Con la sentenza n. 32871 del 19 dicembre 2018 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alle conseguenze sul diritto all'assegno di mantenimento nel caso in cui il coniuge beneficiario instauri una famiglia di fatto. Il caso: la Corte d'appello, nel decidere sull'appello proposto dal signor C.A. contro la moglie M.R., nel corso del giudizio di separazione personale dei due coniugi, revocava l'assegno di mantenimento corrisposto dal primo in favore della seconda in considerazione del fatto che risultava provata l'instaurazione di una famiglia di fatto da parte dell'appellata e dunque riteneva applicabile al caso la giurisprudenza di legittimità in tema di assegno divorzile. M.R. ricorre in Cassazione: p er la ricorrente si deve applicare il principio per cui “il diritto all'assegno di mantenimento non può essere automaticamente negato per il fatto che il suo titolare abbia intrapreso una convivenza more uxorio, influendo tale convivenza solo sulla misura dell'assegno ove si dia la prova, da parte dell'onerato, che essa influisca in melius sulle condizioni economiche dell'avente diritto”. La Suprema Corte rigetta il ricorso e osserva quanto segue: a) l'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso; b) anche in tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione o l'interruzione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento che grava sull'altro, dovendosi presumere che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi "more uxorio" siano messe in comune nell'interesse del nuovo nucleo familiare. Tale principio sembra ormai stabile nella giurisprudenza della Suprema Corte, anche perché risponde a criteri di logica e buon senso. Difficilmente verrà ribaltato, a parere di chi scrive

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