La legge n. 898 del 1970 (cosiddetta "legge sul divorzio") all'articolo 5, comma 6, stabilisce che, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ognuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio individuale o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando lo stesso non abbia mezzi adeguati o non se li possa procurare per motivi oggettivi.
L'assegno divorzile una tantum si distingue dall'assegno divorzile periodico sopra descritto ed è previsto dall'articolo 5, comma 8, che dispone testualmente: "su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico".
La Corte di Cassazione ha chiarito che la domanda di assegno divorzile una tantum non può desumersi implicitamente dal richiamo a quanto concordato dagli stessi coniugi in sede di separazione consensuale (Cassazione civile sez. I, 28/02/2018, n. 4764).
I Giudici di legittimità, inoltre, hanno evidenziato che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità, che è dato dal medesimo presupposto solidaristico dell'assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell'ex coniuge, mentre nel caso in cui sia stato corrisposto l'assegno "una tantum" non esiste una situazione di contribuzione economica che viene a mancare (Cassazione civile sez. un., 24/09/2018, n. 22434).
In ogni caso, al coniuge beneficiario di assegno divorzile "una tantum" è precluso avanzare in futuro ulteriori pretese
di tipo economico nei confronti del coniuge obbligato, anche in presenza di un sopravvenuto stato di
bisogno del coniuge beneficiario. L'assegno una tantum, quindi, non è soggetto a revisione.
Inoltre, lo stesso coniuge beneficiario non potrà chiedere la pensione di reversibilità del coniuge obbligato defunto. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 22434/2018, ha sancito il seguente principio di diritto: "ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell'assegno deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno divorzile al momento della morte dell'ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un'unica soluzione."
Pertanto, la pensione di reversibilità spetta solo al coniuge che percepisce l'assegno divorzile periodico e non a quello che, accettando la corresponsione dello stesso in un'unica soluzione, non ha più la possibilità di far valere ulteriori diritti patrimoniali.
Tuttavia, il versamento di un assegno divorzile in unica soluzione presenta il vantaggio di mettere al riparo il coniuge intenzionato a contrarre nuovo matrimonio dalla perdita dell'assegno divorzile periodico, consentendo d'altro canto al coniuge obbligato di definire ogni pendenza economica con il beneficiario.
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