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Avvocato Riccardo Ventura a Crema

Riccardo Ventura

Avvocato a Crema e Treviglio

Informazioni generali

Mi chiamo Riccardo Ventura, sono specializzato prevalentemente in diritto civile, commerciale e diritto successorio. Ogni pratica è svolta con la massima professionalità e serietà, dedicando il tempo necessario allo studio della controversia in modo da offrire al cliente un servizio completo e puntuale. Opero prevalentemente in provincia di Cremona, Lodi, Bergamo, Brescia e Milano. Sono iscritto alle liste del Gratuito Patrocinio.

Esperienza


Diritto civile

Sono specializzato nel fornire assistenza legale nell’ambito del diritto civile, con particolare attenzione al diritto contrattuale, commerciale, diritti reali e diritto successorio.


Eredità e successioni

Nel corso degli anni mi sono specializzato nella materia successoria frequentando corsi di specializzazione nonché assistendo diverse clienti in tale ambito. In particolare, offro assistenza legale per impugnazioni di testamento, divisioni giudiziali, azioni di riduzione nonché attività di consulenza in generale.


Diritto commerciale e societario

Offro assistenza sia giudiziale che stragiudiziale in materia di diritto commerciale (costituzioni di società di persone o di capitali, cessioni di azienda, trasferimenti di partecipazioni, operazioni straordinarie) nonché in tutte le fasi patologiche del rapporto societario (recesso, esclusione, ecc.) garantendo inoltre una consulenza trasversale con altri professionisti quali commercialisti e notai.


Altre categorie

Gratuito patrocinio, Pignoramento, Diritto immobiliare, Recupero crediti, Diritto condominiale, Domiciliazioni.



Credenziali

Titolo professionale

Corso di Specializzazione

Università telematica degli studi IUL - 4/2021

Il corso mi ha dato la possibilità di specializzarmi nella crisi da sovraindebitamento come definita dalla legge n. 3/2012 e ss mm, acquisendo tutti gli strumenti necessari a tutela del soggetto che si trova in stato di crisi finanziaria.

Pubblicazione legale

Cos'è la sindrome da alienazione parentale?

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Quando si configura la c.d. sindrome da alienazione parentale? La sindrome da alienazione parentale ricomprende tutte quelle condotte poste in essere da un genitore (alienante) per screditare, emarginare e denigrare l'altro genitore (alienato). Tali comportamenti, oltre ad influenzare negativamente il minore, minano la presenza del genitore alienato nella vita del proprio figlio, compromettendo altresì il diritto di quest'ultimo ad una crescita serena e bilanciata. Spesso la genesi di siffatte condotte è da ricercarsi non tanto nel cattivo svolgimento dei doveri connessi alla figura genitoriale quanto ad una punizione diretta al genitore alienato per non essere stato, in pendenza del rapporto affettivo, un buon partner. E' evidente come i sentimenti rancorosi di un genitore nei confronti dell'altro possano causare la lesione del rapporto genitore-figlio. Il termine alienazione genitoriale (c.d. Parental Alienation Syndrome) non integra una nozione di patologia clinicamente accertabile, bensì un insieme di comportamenti posti in essere dal genitore collocatario per emarginare o neutralizzare l'altra figura genitoriale (Tribunale di Milano 11 marzo 2017). La giurisprudenza ha più volte sottolineato l'importanza della tutela alla bigenitorialità del minore anche nei casi in cui il minore si oppone (Trib. Brescia 19 novembre 2018). Proprio la capacità da parte del genitore affidatario di mantenere e preservare il rapporto affettivo del minore con l'altro genitore rappresenta un requisito dell'idoneità genitoriale (Cass. n. 6919/2016). Infatti, nel caso in cui il genitore affidatario ponga in essere condotte alienanti nei confronti dell'altro genitore il Tribunale, potrà, se sussistono risultanze peritali chiare, convergenti e motivate, disporre l'affidamento super-esclusivo in favore del genitore alienato, ovviamente se quest'ultimo dimostri di possedere la sufficiente capacità genitoriale (Corte Appello Venezia 16 dicembre 2019 n. 8607). Del medesimo avviso è la Cassazione secondo cui: “Qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario di un figlio di età minore, rivolti ad allontanare da sé il bambino ed indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica delle condizioni di affidamento del minore, il giudice è tenuto ad accertare l'effettiva sussistenza di tali comportamenti ed a valutarne la rilevanza per l'equilibrio psichico del minore, al fine di esprimere un corretto ed informato giudizio in materia di adeguatezza genitoriale, indipendentemente dalla qualifica che si intenda attribuire ai comportamenti alienanti” (Cass. n. 21215/2017). Tali approdi giurisprudenziali diretti alla tutela della bigenitorialità postulano l'identica importanza che le due figure genitoriali hanno nel percorso di crescita del minore, soprattutto nel momento di disgregazione della famiglia, con conseguente obbligo del genitore collocatario di favorire il rapporto con l'altro genitore, evitando condotte lesive di tale interazione affettiva. Nemmeno la resistenza del minore manifestata nei confronti del genitore non collocatario risulta sufficiente ad evitare la frequentazione di quest'ultimo, proprio in virtù di quanto sopra affermato circa la tutela della bigenitorialità. Si ricorda sul punto la recente decisione del Tribunale dei Minori di Perugia in data 2 aprile 2020, a seguito di una CTU disposta in un procedimento introdotto con ricorso del PM ex art. 333 c.c. e segg., per far cessare le condotte poste in essere da entrambi i genitori di una minore, ritenute pregiudizievoli per un suo sano sviluppo, ha così pronunciato: “Il trasferimento temporaneo della bambina (n.d.r.in una struttura protetta), pur rappresentando l'extrema ratio, al Collegio l'intervento più efficace, il cui vantaggio è rappresentato dal fatto che, da un lato permette di interrompere il legame disfunzionale della minore con la madre e, dall'altro, consente alla bambina uno spazio intermedio tra i due genitori”. Secondo il Tribunale Umbro, dalle evidenze emerse in sede di CTU, non vi erano valide alternative al collocamento della minore in una struttura protetta, in quanto la madre collocataria poneva in essere condotte alienanti nei confronti del padre, mentre quest'ultimo durante la consulenza si era sottratto alla stessa impedendo la valutazione delle sue capacità genitoriali. Si ricorda, infine, il provvedimento emesso dal Tribunale dei Minorenni di Roma in data 5 luglio 2019, con il quale, espletata la CTU, riteneva che il “ figlio fosse prigioniero di una relazione assolutizzante con la madre, che gli negava ogni rapporto con il padre e gli forniva una comunicazione strutturalmente incongrua e disorganizzante, clinicamente associata ad un funzionamento psicotico, con il serio rischio psicopatologico di sviluppare negativamente la propria personalità e l'identità del proprio sé, con possibile sostituzione della figura paterna e, disposto, l'allontanamento coatto del minore dall'abitazione della madre ed il suo collocamento presso il padre ”.

Pubblicazione legale

In cosa consiste l'accordo di ristrutturazione dei debiti (o concordato minore)?

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In cosa consiste l'accordo di ristrutturazione dei debiti (o concordato minore)? L'accordo di ristrutturazione rientra tra le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento ed è stato introdotto nel nostro ordinamento con la L. n. 3/2012. E' una figura assimilabile al concordato preventivo previsto dalla Legge Fallimentare, ossia un accordo con tutti i creditori proposto dal debitore sovraindebitato che mira al soddisfacimento dei creditori ed alla ristrutturazione dei debiti mediante la cessione di cespiti o di crediti presenti e/o futuri. Nel caso di incapienza del creditore è, altresì, possibile prevedere il conferimento di finanza esterna da parte di terzi se necessario all'attuazione dell'accordo. Chi può richiederlo? La procedura di accordo di composizione della crisi può essere introdotta dai debitori non soggetti a fallimento ai sensi della Legge Fallimentare (come i piccoli imprenditori che non raggiungono i requisiti previsti dall’art. 1 della detta Legge, i professionisti, l'imprenditore agricolo) e le persone fisiche in genere (come consumatori o liberi professionisti). Per il consumatore, invece, è necessario proporre l'accordo se la natura dei debiti è mista, ovvero non comprensiva esclusivamente debiti derivanti da attività consumieristiche ma anche da attività imprenditoriali, societarie e professionali. Quando la proposta è inammissibile? La proposta di accordo deve anzitutto garantire il soddisfacimento dei crediti impignorabili ai sensi dell'art. 645 c.p.c. La proposta di accordo di composizione della crisi sarà inammissibile se: i) il debitore abbia già fatto ricorso a tale procedura negli ultimi cinque anni; ii) se vi è stata una pronuncia di risoluzione, revoca o cessazione degli effetti dell'accordo per cause imputabili al debitore; iii) se la documentazione prodotta dal debitore non consente una compiuta ricostruzione della situazione economico-patrimoniale del debitore; iv) se il debitore ha già beneficiato dell'esdebitazione per due volte; v) se il sovraindebitamento risulta diretto a frodare le ragioni dei creditori. Quali sono i benefici del debitore in caso di accoglimento? Valutata la documentazione prodotta dal debitore, esaminata la relazione particolareggiata predisposta da un gestore della crisi accreditato il giudice fissa con decreto l'udienza per la manifestazione del consenso dei creditori necessitando, ai fini dell'omologa dell'accordo, del 60% dei crediti. L'accordo omologato ha efficacia nei confronti di tutti i creditori anteriori alla data di pubblicità del decreto di omologa: eventuali creditori successivi a tale decreto non potranno intraprendere procedure esecutive sui beni del debitore. La proposta in esame potrà contenere, tra l'altro, la falcidia di tutti gli altri crediti, compresi quelli muniti di titolo di prelazione (pegno, ipoteca, privilegio). Per questi ultimi sarà consentita la c.d. falcidia parziale solo qualora venga garantito che il pagamento proposto non risulti inferiore al realizzo mediante liquidazione tenuto conto del valore di mercato dei beni di proprietà del debitore. In altri termini, possono essere falcidiati creditori prelatizi se l'alternativa liquidatoria non sia in grado di offrire al creditore medesimo un maggior realizzo del proprio credito.

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Lo studio

Riccardo Ventura
Via Albarella
Crema (CR)