Nell'allegata Sentenza la mia assistita era indagata ai sensi dell'art. 590 bis c.p. - lesioni stradali - ma, anche facendo proprie le considerazioni del sottoscritto difensore nelle proprie memorie, il G.I.P. di Ancona archiviava il procedimento a carico della mia assistita vista la dinamica dei fatti che escludeva qualsivoglia responsabilità penale.
L'Avv. Daniele Cinti opera nei settori civile e penale seguendo prevalentemente controversie inerenti separazioni, divorzi e disciplina dei figli; inoltre ha maturato una esperienza pluriennale nelle amministrazioni di sostegno. Svolge assistenza e la difesa tecnica nei processi penali, dalla fase delle indagini preliminari, incluso l’eventuale svolgimento di indagini difensive e consulenze tecniche in collaborazione con esperti del settore, fino alla definizione del processo avanti alle competenti Autorità Giudiziarie. Abilitato al patrocinio a spese dello Stato nelle materie di diritto civile e diritto penale.
La mia propensione per il diritto di famiglia si esprime attraverso una numerosa casistica di separazioni, divorzi ed unioni che ho trattatto in questi anni. Ogni volta che un rapporto coniugale o di convivenza termina, consiglio sempre ai clienti di tutelare gli interessi dei figli, se ci sono, prospettando quelle soluzioni che ritengo più adatte al caso e possibilmente non conflittuali, proprio nell'interesse primario dei figli stessi.
Ho accumulato esperienza in numerose questioni inerenti la discplina delle condizioni di separazione. In particolare ho cercato di perseguire le soluzioni meno onerose e più eque per le parti, soprattutto in presenza di figli minori discplinandone l'affido condiviso.
Negli anni di esperienza in questo settore ho acquisito una notevole capacità nell'ottenere le soluzioni più veloci e favorevoli per i miei assistiti privilegiando il dialogo con le controparti. Anche la fase del divorzio va affrontata con la massima attenzione, poiché potrebbe far riaccendere vecchie questioni solo sopite con la separazione dei coniugi.
Incapacità giuridica, Diritto penale, Stalking e molestie, Diritto civile, Risarcimento danni, Recupero crediti, Violenza, Incidenti stradali, Gratuito patrocinio, Unioni civili, Diritto condominiale, Locazioni, Sfratto, Fallimento e proc. concorsuali, Diritto assicurativo, Pignoramento, Contratti, Diritto del lavoro, Sostanze stupefacenti, Diritto penitenziario, Diritto immobiliare, Mediazione, Negoziazione assistita, Matrimonio, Domiciliazioni, Eredità e successioni.
Nell'allegata Sentenza la mia assistita era indagata ai sensi dell'art. 590 bis c.p. - lesioni stradali - ma, anche facendo proprie le considerazioni del sottoscritto difensore nelle proprie memorie, il G.I.P. di Ancona archiviava il procedimento a carico della mia assistita vista la dinamica dei fatti che escludeva qualsivoglia responsabilità penale.
Molto spesso accade che il genitore, quasi sempre l'uomo, di un figlio nato al di fuori del matrimonio pensi che quest'ultimo, in mancanza di un matrimonio, non abbia gli stessi diritti. Nulla di più errato! In un caso che ho seguito patricinando la madre, la quale richedeva il contributo in favore del figlio "naturale" nato da una convivenza poi terminata, il Giudice di Ancona ha disposto che il padre dovesse corrispondere € 200,00 mensili quale contributo al mantenimento anche se il padre era disoccupato. Ciò fa chiaramente comprendere quale sia il bene da tutelare sempre e comunque ovvero i figli, anche se nati al di fuori del matrimonio. Questo equivoco, dettato dalla ignoranza, purtroppo è più comune di quanto si pensi e molti padri lo comprendono solo con un provvedimento del Giudice.
L’art. 36, comma 2, del D.P.R. 380/2001 prevede che “Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall' articolo 16 . Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso”. Nel caso affrontato in studio si sono recati moglie e marito, proprietari di un immobile, che si vedevano imputati per alcuni presunti reati edilizi, peraltro di natura pressoché irrilevante. Questi signori negli anni antecedenti avevano regolarmente pagato gli oneri edilizi al Comune e dunque sanato le difformità in pendenza di CILA e, soprattutto, ben prima dell’avvio dell’azione penale. Nonostante ciò, e sebbene questa difesa evidenziasse, mediante le proprie memorie difensive, la necessità di archiviare il procedimento penale, i signori in questione venivano comunque citati in giudizio per tali asseriti “abusi edilizi”. Ebbene, all’esito del procedimento dibattimentale dinanzi il Tribunale Penale Monocratico di Ancona (n.2232/19 R.G.N.R.), il Giudice non ha potuto far altro che prendere atto della antecedente sanatoria e di quanto questa difesa aveva sempre sostenuto. L’esito è stato ampiamente positivo per i clienti che sono stati assolti con formula piena ma l’intero processo penale poteva (e doveva) essere evitato con una maggiore attenzione da parte degli Organi inquirenti perché, fin dalle indagini, era chiaro che non sussistesse reato in quanto estinto dalla sanatoria avvenuta nella fase amministrativa.
Negli ultimi anni si sono rivolti presso questo studio diversi soggetti minorenni accusati di reati di violenza nei confronti di coetanei e non. Ebbene, dall'esperienza maturata, devo purtroppo constatare che nonostante le definizioni molto spesso benevole dei processi minorili, ad esempio tramite perdono giudiziale e messa alla prova, i ragazzi, giunti al compimento della maggiore età, molto spesso tendono ancora a delinquere e con conseguenze ben più gravi. Recentemente si è rivolto presso l'intestato studio un ragazzo che era già stato processato dal Tribunale Penale per i Minorenni di Ancona con esito favorevole avendo diligentemente svolto la messa alla prova. Purtroppo tale ragazzo, nel frattempo divenuto maggiorenne, evidentemente non ha compreso la gravità dei suoi precedenti gesti ed ora si trova nuovamente imputato di un reato di violenza sulla persona con la differenza che stavolta sarà processato dal Tribunale Penale di Ancona e rischia gravissime sanzioni. Sul suo curriculum e sul processo in essere peserà anche il precedente procedimento da minorenne ed anche il giudice, nel valutare la sua condotta, probabilmente terrà conto della "tendenza" del ragazzo che, appena maggiorenne, rischia una pena molto elevata. Queste tipologie di reato spesso sono connesse ad episodi di bullismo ove il "branco" si scaglia contro il singolo e questi ragazzi, appena maggiorenni, non sono consapevoli che rischiano pene altissime. Per fare un esempio pratico, oggetto di recente difesa, un ragazzo che sfila le sneakers ad un coetaneo per appropriarsene viene imputato di rapina, spesso aggravata, per cui rischia una pena minima da 5 a 10 anni di reclusione per quella che viene superficialmente ritenuta una bravata. Tutto ciò si ripercuote ovviamente sulle famiglie di questi neo-maggiorenni, famiglie che subiscono un notevole stress emotivo e devono provvedere, anche economicamente, per garantire la miglior difesa per i loro figli.
Con la recentissima sentenza n.11178 dello scorso 23 aprile 2020, la Corte di Cassazione ha ribadito il proprio, precedente intervento delle Sezioni Unite (sentenza n.18287/2018) mediante il quale aveva riconosciuto all'assegno divorzile una funzione composita assistenziale e di natura perequativa-compensativa. Per la determinazione del quantum dovuto, risulta essenziale procedere ad un accertamento rigoroso del nesso di causalità tra scelte endofamiliari e situazione dell’avente diritto al momento dello scioglimento del vincolo coniugale . Pertanto il giudice , superando la precedente e rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell’assegno di divorzio, deve compiere una valutazione più ampia dei parametri normativamente previsti , ovvero effettuando una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti , in considerazione del contributo fornito dalla parte richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell'avente diritto, valutando se la disparità sia frutto del sacrificio delle aspettative professionali e reddituali della parte che ha fornito il maggior contributo alla famiglia. Alla luce di tali scrupolose valutazioni, il giudice dovrà quantificare l'assegno divorzile in misura tale da garantire all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo sopra richiamato. In definita quest’ultimo orientamento adottato dalla Suprema Corte appare rispondere meglio alle attuali dinamiche familiari ed ai reali apporti, di natura economica ma non solo, che entrambe le parti hanno dato fino allo scioglimento del vincolo matrimoniale. Avv. Daniele Cinti
Guida in stato di ebbrezza, essere tempestivi conviene. Negli ultimi anni si è percepito con maggior forza il fenomeno del ritiro della patente di guida che è conseguenza, da un lato, dell’aumento della circolazione di veicoli e, dall’altro, dall’inasprimento delle sanzioni amministrative e penali per la guida in stato di ebbrezza. Certamente la massiccia intensificazione dei controlli, mediante alcoltest, ha contribuito all’individuazione di soggetti che circolano alla guida di veicoli in condizioni non consentite dalla legge e sanzionate ai sensi dell’art.186 e dell’art.186 bis del Codice della Strada. Nell’analizzare tali condotte sotto l’aspetto penale, l’avvocato si trova di fronte ad una possibilità molto importante da prospettare al cliente, ovvero la richiesta di lavori di pubblica utilità ex L. 24/11/1981 n.689 , rimedio che oramai è largamente diffuso poiché consente di estinguere il reato e di convertire la pena prevista con un numero di ore/giorni che la persona interessata deve eseguire in favore di Enti convenzionati con il Tribunale. Ciò premesso, per coloro che possano usufruire dei lavori di pubblica utilità, si evidenzia che è sempre consigliabile attivarsi immediatamente dopo l’accertamento della violazione, senza attendere l’iter del procedimento penale e, anzi, anticipandone i passi , poiché in questo modo si abbreviano notevolmente i tempi (anche di recupero della patente), nonché diminuiscono i costi a carico del cliente. Nella pratica è opportuno, una volta contestata la violazione e dunque sospesa la patente, recarsi immediatamente da un avvocato di fiducia per avviare la pratica e provvedere al deposito di una istanza di lavori di pubblica utilità che andrà direttamente visionata dal Giudice per le Indagini Preliminari competente affinché emetta un provvedimento, in questo caso un decreto penale di condanna, contenente la pena di specie già convertita in giorni di lavori di pubblica utilità. Mediante questo sistema, come detto, diminuiscono notevolmente i tempi per l’esecuzione dei lavori e si potrebbe, tramite le debite comunicazioni alla Prefettura, ottenere una sospensione più breve della patente di guida. Si ritiene comunque sconsigliato attendere il giudizio penale ordinario, se l’accertamento tecnico dello stato di ebbrezza è stato regolare, poiché l’esito molto probabilmente non porterà alcun vantaggio né in termini di “iscrizioni penali” a carico del soggetto, né in termini economici visto il costo maggiore di un intero processo penale rispetto ad una procedura più snella e veloce come quella prospettata. Trattandosi di una fattispecie (guida in stato di ebbrezza) dove si intersecano sanzioni amministrative e sanzioni penali a carico del soggetto, è opportuno coordinare le attività nell’interesse del cliente il quale potrebbe certamente raggiungere il miglior risultato in termini di costi/benefici. Da ultimo, si segnala che questa soluzione è da considerarsi una sorta di bonus una tantum e, dunque, nel caso di reiterazioni della condotta non si potrà richiedere un’altra volta la conversione in lavori di pubblica utilità qualora se ne abbia già usufruito. Per informazioni più dettagliate si prega di contattarci. Avv. Daniele Cinti 01/04/2020 - riproduzione riservata.
Gli amministratori di sostegno nell’emergenza Coronavirus Molti avvocati svolgono anche la funzione di amministratore di sostegno in favore di persone che si trovano in condizioni di disagio economico, fisico, mentale e sociale, le quali molto spesso sono trascurate, o peggio a volte quasi plagiate, dai loro stessi familiari. Per questi motivi il Giudice Tutelare nomina un soggetto estraneo al nucleo familiare, un avvocato, affinché si occupi della gestione ordinaria della persona in difficoltà. L’amministratore di sostegno è il riferimento per molte persone sole e nell’incapacità di spostarsi, perché anziane o disabili, che dipendono dal supporto dell’amministratore stesso il quale si reca periodicamente a domicilio per dare i mezzi di sussistenza alla persona e per verificarne lo stato morale e fisico. Tale attività però adesso è resa molto più difficoltosa, e soprattutto pericolosa, dalla pandemia di COVID-19 che rende complicate anche le cose più normali. La semplice visita al domicilio della persona amministrata diventa un rischio di contagio vista la difficoltà nel mantenere le distanze di sicurezza in ambienti spesso ristretti. Ci si trova quindi di fronte ad un dualismo, uno scontro tra diritti e doveri anche costituzionalmente garantiti, poiché da un lato si deve di eseguire l’incarico e provvedere al sostentamento delle persone in stato di bisogno ma, dall’altro, è anche necessario tutelare il diritto alla salute di tutti (amministrati ed amministratori) che in questi contesti è minacciato. Il carattere di necessità che riveste la figura dell’amministratore di sostegno non soggiace ai divieti di spostamento previsti dai D.P.C.M. del 8 marzo 2020 e del 11 marzo 2020 ma il problema resta, poiché tali attività non sempre possono essere eseguite in sicurezza e con le dovute precauzioni rispetto alla grave emergenza sanitaria. Per informazioni più dettagliate si prega di contattarci. Avv. Daniele Cinti 03/04/2020 - riproduzione riservata.
Nel caso di una separazione giudiziale, ove patrocinavo la moglie, mi sono trovato davanti ad un classico caso di marito-padre che rifiutava la corresponsione regolare al mantenimento della figlia minore. Nonostante io abbia formulato varie proposte alla controparte prima di presentarci davanti al Presidente del Tribunale, nessuna di queste venne accettata. In sede di udienza però, il Presidente prendeva atto delle condizioni reddituali del marito, migliori della moglie, nonché del fatto che il medesimo, appena un anno prima, aveva clamorosamente rifiutato di "confermare" una separazione consensuale proprio dinanzi al Presidente presentata con ricorso congiunto tramite un altro collega mettendo, peraltro, in difficoltà quest'ultimo con tale decisione a sorpresa. Ebbene il Presidente, preso atto anche del contegno tenuto dal marito e delle sue omissioni contributive, stabiliva un importo mensile da corrispondere in favore della figlia addirittura superiore a quanto il sottoscritto aveva proposto nella fase delle trattative e che controparte mai aveva accettato. In sostanza, dalla vicenda si desume che da parte dell'avvocato occorre sempre avere rispetto delle norme ma, soprattutto, molto buon senso nell'affrontare questioni inerenti la tutela ed i diritti dei figli di coniugi che si separano, in quanto proprio i figli avranno sempre e comunque la priorità.
Ad un mio cliente veniva notificato il ricorso per la separazione giudiziale tra coniugi dalla moglie, così siamo stati costretti a costituirci in giudizio. Durante le fasi della causa sono emerse reciproche contestazioni anche in ordine ad asserite infedeltà coniugali, circostanze che avrebbero inasprito molto il contenzioso. Visto che, nel frattempo, sia io che il collega di controparte abbiamo lavorato molto per trovare un'equa intesa economica, progressivamente l'astio tra i coniugi si è affievolito. In sostanza, all'esito del deposito delle rispettive memorie ex art.183 VI co c.p.c., abbiamo trovato un'intesa di massima e presentato le conclusioni congiunte per addivenire ad una separazione non più giudiziale ma consensuale, così come è avvenuto. Tramite questo dialogo e lavoro continuativo, che non si è fermato dinanzi ai primi ostacoli, entrambi i coniugi hanno quindi potuto definire le loro questioni in maniera civile ed evitando di "mettere in piazza" alcune circostanze che sarebbero state poco piacevoli soprattutto per i figli anche se maggiorenni. Il lavoro di un buon avvocato consiste sempre nel ricercare la soluzione meno onerosa per il cliente e quindi, quando è possibile, evitare di insistere nel proseguire delle cause che possono essere definite mediante un accordo, anche quando sembra difficile da raggiungere.
Recentemente ho dovuto introdurre un ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio in favore di un mio assistito. Dato che mi è accaduto più volte, sto notando che quando due persone sono già separate, anche da tempo, c'è sempre una parte che non è favorevole a procedere anche mediante il divorzio. Addirittura, nel mio caso, alla richiesta di divorzio inviata tramite raccomandata a.r. la signora non ha fatto seguire alcuna risposta nè diretta, nè dal proprio avvocato di fiducia, come sarebbe invece opportuno. Sono stato quindi costretto ad agire in via giudiziale quando, viste le situazioni delle parti, un ricorso condiviso avrebbe certamente fatto risparmiare ad entrambi tempo e denaro. Dalla mia casistica rilevo che, quasi sempre, il motivo di una certa reticenza nel "concedere" il divorzio si spiega solo con la mera convenienza dato che, ad esempio, con tale ultimo atto si perderebbero anche i diritti di successione sul patrimonio dell'ex coniuge. Teoricamente e salvo mutamenti economici, una volta ottenuta la pronuncia di separazione, il divorzio dovrebbe consistere in una mera formalità, invece molto spesso uno dei due coniugi vuol mantenere intatto questo "filo economico" che lo lega ancora all'altro.
Recentemente ho seguito un importante caso a seguito di lesioni macro permanenti derivanti da un investimento automobilistico. Nella fattispecie la mia cliente stava circolando in bicicletta quando è stata violentemente urtata da tergo da un furgone e, successivamente, scaraventata a terra. La signora è stata ricoverata per lungo tempo in ospedale dovendo subire ben 3 interventi chirurgici al bacino, all'addome ed ha riportato altre fratture. Il sottoscritto si è immediatamente attivato con la richiesta di risarcimento alla Compagnia assicurativa competente e proponendo formale querela per le lesioni contro l'autista del furgone (sebbene la gravità delle stesse non la rendesse necessaria) anche al fine di sollecitare la Compagnia ad una seria trattazione del sinistro. Per tale attività mi sono anche avvalso della collaborazione di un medico legale di fiducia che ha fornito il necessario apporto tecnico-medico estremamente necessario in casi di questa gravità. L'iter risarcitorio, durato quasi due anni, poiché la cliente ovviamente doveva riprendersi dalle gravi lesioni, si è concluso con un congruo risarcimento complessivamente pari ad euro 310.000,00 in favore della danneggiata, importo che risultava perfettamente rispondente alla gravità delle lesioni e dei postumi certificati nella perizia medico legale di parte.
Sempre più spesso capitano presso il mio studio casi in cui le donne sono vittima di molestie e stalking da parte di ex mariti, compagni o da soggetti incapaci di autocontrollarsi. In questi casi è necessario agire immediatamente a tutela della persona molestata affinché le Autorità siano attenzionate e ciò può essere fatto attraverso varie procedure. Lo strumento della "richiesta di ammonimento da parte del Questore" ai sensi dell'art.8 d.l. n.11/2009 conv. in legge n.38/2009 è certamente un primo, a volte sufficiente, rimedio per far desistere i molestatori. La procedura è abbastanza agevole e la Questura di Ancona ha già dimostrato, in più occasioni, di attivarsi fattivamente per individuare, identificare ed ammonire i soggetti colpevoli di condotte moleste. Per ulteriori informazioni sulle modalità e procedure da seguire si invita a contattare l'intestato studio per una consulenza completa ed approfondita sul tema.
Ho conseguito un Master in Diritto dell'Unione Europea, post-laurea ex art.6 L.341/90 dell'Università di Macerata, basato su una frequenza settimanale ed oraria e conclusosi con la consegna di un mio elaborato finale e relativa discussione.
Un mio assistito veniva sorpreso con alcune piante di marijuana all'interno della propria abitazione, pertanto veniva immediatamente indagato per l'ipotesi di reato di coltivazione illegale e le piante in questione venivano sequestrate. A distanza di diverso tempo, le Autorità disponevano una perizia sulle piante per verificarne il principio attivo e la effettiva tossicità. Al momento dell'attività peritale, in presenza ovviamente del sottoscritto difensore, emergeva che dette piante erano totalmente rovinate, forse perchè mal conservate, quindi la perizia non avrebbe avuto alcuna valenza probatoria. Ovviamente tale circostanza è stata favorevole in dibattimento per il mio assistito, mancando la prova del principio attivo effettivamente presente nelle piante sequestrate, pertanto il processo si concluse con una pronuncia ad egli favorevole. In questi casi la tempestività degli accertamenti e/o degli incidenti probatori è fondamentale perchè fa la differenza, a livello probatorio, tra quella che potrebbe essere una sentenza di condanna o una sentenza di assoluzione.
Sempre più spesso assistiamo a crisi di coppie che, sebbene non coniugate, dopo la rottura si trovano a dover regolamentare il mantenimento e la cura dei figli nati dall’unione di fatto. Ebbene, in tali casi, si ricorre allo strumento del ricorso ai sensi degli articoli 316 ss. c.c., 337 bis e ss. c.c., 737 e ss. c.p.c., ovvero la parte interessata deve promuovere, attraverso il proprio avvocato di fiducia, un ricorso al Tribunale competente affinché questi decida e disponga circa tutte le condizioni di mantenimento ed affidamento dei figli. In pratica l’ iter è molto simile a quello ben conosciuto in materia di separazioni dei coniugi per quanto attiene la parte riguardante i figli, con la differenza che in questo caso il Giudice non deve pronunciare alcun scioglimento, vista l’unione di fatto, ma deve unicamente tutelare i diritti dei figli stessi. Anche per questo tipo di procedimento, come per le separazioni, qualora le parti trovino un accordo e presentino un ricorso congiunto in Tribunale, si può certamente risparmiare tempo e spese ma, soprattutto, si evitano ulteriori traumi ai figli che già si trovano di fronte ad un radicale cambiamento nelle loro vite. Il sottoscritto, da anni, si occupa di tali procedimenti cercando sempre, nei limiti del possibile, di giungere ad una soluzione condivisa tra le parti proprio per tutelare i minori. Avv. Daniele Cinti
Secondo gli ultimi orientamenti giurisprudenziali sussiste bancarotta semplice e non fraudolenta se le omissioni nelle scritture contabili riguardano periodi limitati e sono frutto di trascuratezza e non della volontà di non rendere ricostruibile il patrimonio ed il movimento degli affari . È quanto emerge dalla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 17 giugno 2019, n.26613. Gli ermellini ribadiscono il principio, già espresso con precedente Sentenza 2 gennaio 2019 n. 70 Corte di Cassazione - Sezione III, secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale (ex L. Fall. art.216, comma 1, n.2) è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato. Se si tratta di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario verificare la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto l’effettiva coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui alla L. Fall., art. 217, comma 2. Ovviamente si tratta di un orientamento recente e non ancora consolidato ma offre interessanti spunti processuali. Avv. Daniele Cinti
Ho avuto la possibilità di approfondire il rapporto con le piccole e medie imprese della zona svolgendo attività di consulenza, con particolare riferimento alle numerose fattispecie contrattuali. La collaborazione con uno studio di commercialisti ha certamente migliorato la mia preparazione professionale nel settore del diritto societario e delle imprese commerciali, comprese le procedure concorsuali e di liquidazione.
Quando una parte richiede con ricorso autonomo la pronuncia di divorzio ai sensi della Legge 898/70 , o meglio, la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario o lo scioglimento del matrimonio (a seconda dei casi), molto spesso si imbatte su alcune argomentazioni, spesso pretestuose, della controparte convenuta in giudizio. È assai frequente il caso dell’asserito peggioramento della situazione economica che la controparte, chiamata in causa, adduce quale motivo per richiedere una qualche forma di contributo al mantenimento personale, anche sotto forma di una tantum , che quasi sempre però si rivela una richiesta infondata in fatto ed in diritto. Infatti è bene evidenziare che, al di là delle mere congetture, la Suprema Corte impone la dimostrazione dell’effettivo peggioramento della situazione economica da parte del coniuge richiedente, peggioramento che deve essere provato e verificatosi nel periodo intercorso tra l’omologa della Sentenza di separazione e la successiva procedura che introduce il divorzio ( ex multis Cass. Sent. n.23079/2013). In mancanza di detta, fondamentale, prova, le condizioni economiche non saranno oggetto di alcuna modifica rispetto a quelle già statuite in separazione. Avv. Daniele Cinti
Sempre più spesso mi trovo di fronte a clienti che hanno una problematica comune: la crisi coniugale in un contesto di situazione economica precaria. È noto che ad una separazione coniugale consegue un distaccamento fisico e quindi logistico dei coniugi i quali spesso devono riorganizzare la propria vita in un’altra casa sostenendo ulteriori costi. In un contesto di crisi economica, aggravata dalla situazione pandemica e dalle incertezze lavorative, molte più coppie sono quindi costrette a vivere come “separati in casa” poiché non possono, in primis , sostenere i costi legali per un giudizio di separazione. Ciò, anche se è comprensibile, è molto rischioso soprattutto quando la coppia deve gestire un già precario rapporto affettivo in presenza dei propri figli. Le conflittualità saranno sempre maggiori e potrebbero riversarsi sui figli stessi che subirebbero, loro malgrado, un clima continuamente teso in casa. In questi casi la difficoltà iniziale di fare quella che sarebbe la “scelta inevitabile”, ovvero di separarsi, potrebbe essere superata rivolgendosi ad un professionista iscritto all’elenco degli avvocati che possono esercitare avvalendosi del patrocinio a carico dello Stato. Per questi motivi il sottoscritto ha deciso di offrire anche tale tipo di patrocinio venendo incontro ai mutamenti socio-economici ed alle necessità dei clienti.
Quando un soggetto si trova di fronte a una o più sentenze penali definitive di condanna, qualora sia possibile, mi attivo utilizzando i rimedi “alternativi” alla detenzione. Infatti proprio recentemente ho richiesto per un mio assistito la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali nella fattispecie prevista dall’art.47 comma 3 bis O.P. dovendo, l’interessato, espiare una pena non superiore a quattro anni di detenzione. Per ottenere l’accoglimento di tale misura alternativa è necessario che il soggetto, nell’anno precedente alla presentazione della richiesta trascorso in libertà, abbia serbato un comportamento tale da consentire un giudizio prognostico favorevole circa la sua rieducazione. È altresì importante che il richiedente svolga attività lavorativa e che dimostri una reale volontà di cambiamento mediante idonea documentazione di tale “nuovo percorso” intrapreso. L’istanza si presenta al competente Tribunale di Sorveglianza che, sentiti i servizi sociali in merito, disporrà o meno la misura in favore del soggetto fissando apposita udienza camerale. All’esito dell’accoglimento positivo dell’istanza dell’affidamento in prova ai servizi sociali, l’interessato sarà monitorato costantemente da questi ultimi e dovrà attenersi alle disposizioni che gli vengono comunicate. Questo strumento offre all’interessato la possibilità di ricominciare un percorso nuovo, positivo e lontano da condotte errate, senza dover privarsi della libertà personale e quindi la propria rieducazione può ripartire proprio dalle attività lavorative, sociali e familiari che svolgerà. Avv. Daniele Cinti
Daniele Cinti
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